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Biciclette rotte

WAITS #1

di Beppe Giuliano - 5/10/2008

Intro

WAITS #1 - Primo interludio

WAITS #2 - Secondo interludio

WAITS XXI

In tutto sette dischi (più uno “di passaggio”).

Closing Time’, album d’esordio, non ancora del tutto roco. Con la Ol ‘55 che sarà portata al successo dagli Eagles, e con una prima canzone che fa presagire cosa ci canterà nei prossimi anni, la I Hope That I Don’t Fall In Love With You, 'spero che non mi innamorerò di te', dove naturalmente succede l’esatto contrario.

Poi 'The Heart Of Saturday Night' con la romanticissima serenata di San Diego (“Non ho mai visto il mattino prima di star su tutta notte / Non ho mai visto il sole splendere finché non ho spento la luce del tuo amore / Non ho mai visto la mia città finché non sono stato via troppo a lungo / Non ho mai sentito una melodia finché non ho avuto bisogno di una canzone”), la fuga via mare di Shiver Me Timbers (“E la nebbia si solleva, la sabbia si alza / e io prendo il largo / il vecchio capitano Achab non ha niente a che vedere con me / quindi dimenticami e evita di seguirmi / viaggerò da solo / l’acqua blu sarà la mia figlia / e salterò come una pietra"), la ricerca del cuore del sabato sera (“Ti pagano il venerdì / le tasche tintinnano / guardi le luci / e inizi a fremere / perché sei in giro con una sei cilindri / in cerca del cuore del sabato sera”), naturalmente sempre brancolante e malinconico (Fumblin’ with the blues).

Il live ‘Nighthawks At The Diner’, jazzata trascrizione di un suo spettacolo dal vivo, dove oltre che il band leader fa anche l’intrattenitore, con lunghe intro dei brani che sono gustosi monologhi.

In ‘Small Change’ (sulla cui copertina è fotografato nel camerino di una spogliarellista), forse il disco più roco, c’è un meraviglioso invito alla tristezza (Invitation To The Blues: “…E tu ti senti come Cagney, lei sembra Rita Hayworth alla cassa del Schwab's drugstore”, “…lei dice “come le vuoi, sode o strapazzate?”, tu dici “è lo stesso”, stai attenta a non illuderti per un tipo con la valigia e un biglietto per andare via di qui, è una stazione dei bus stanca e un vecchio paio di scarpe, nient’altro che un invito alla tristezza…”).

Il successivo ‘Foreign Affairs’ è davvero un gran disco. contiene Muriel (“…da quando te ne sei andata i locali hanno chiuso, e c’è un lampione bruciato in più sulla strada principale, dove noi passeggiavamo”). Contiene il duetto con una seducente Bette Midler, Never Talk To Strangers (“E tu sei amareggiata perché lui ti ha lasciata / ecco perché bevi in questo bar / sai, solo i perdenti si innamorano / di perfetti sconosciuti”.). E il viaggio folle del Medley Jack & Neal / California, Here I Come (“…mi sentivo più triste di un parcheggio quando l’ultima auto lo lascia vuoto / e la luce della luna vestiva a doppio petto le colline / lo specchietto rifletteva vestaglia e reggiseno nero / la temperatura saliva e la benzina era agli sgoccioli / proprio mentre la puttana disinvolta lasciava cadere le mutande / e metteva il suo grasso culo fuori dal finestrino al ritmo di Wilson Pickett / e gridava prendetene tutti un po’ e mandava affanculo la luna”). Sopra tutte, Burma Shave: bisogna sentirla e risentirla, farsela entrare dentro al centesimo ascolto consecutivo, viaggiare su quell’auto guidata da uno che sembra “Farley Granger con i capelli pettinati all’indietro” con quella ragazza che deve lasciare Marysville, la “puzzolente città dove tutti hanno un piede nella fossa” (andrà a finire male, naturalmente: c’è bisogno di dirlo?).

Segue un altro grandissimo disco, ‘Blue Valentine’. Con una b-side incredibile, Wrong Side Of The Road, e Whistlin' Past the Graveyard. Con l’infanzia abbandonata dell’amico poliomielitico di Kentucky Avenue (“Prendi le sponde della tua sedia a rotelle / e le ali di una gazza / légale alle tue spalle e ai tuoi piedi / ruberò un seghetto a mio padre / e taglierò via i tutori dalle tue gambe / li seppelliremo stanotte nel campo di granoturco. / Mettiti in tasca un apribottiglie / salteremo sul treno merci / e scivoleremo giù fino in fondo / nell’autunno di New Orleans.”). Fino al terribile, inconsolabile dolore della title track (“Lei mi manda tristi valentine da Philadelphia, per ricordarmi l’anniversario di qualcuno che un tempo ero”). Ah, c’è pure la storia meta-cinematografica di Romeo Is Bleeding, un Romeo ferito che fa il duro con la sua banda, poi se ne va via solo e sanguina “mentre dà alla maschera il biglietto, e sale in galleria, e muore senza un fremito, come nel sogno di ogni eroe, un angelo con una pallottola in corpo e Cagney sullo schermo” (James Cagney ha costruito una carriera interpretando ruoli di gangster negli anni trenta).

Poi ‘Heartattack and Vine’, un altro gran disco, con la Jersey Girl che Bruce porterà al successo. Su ‘Face’, del suo canto in questo disco, scrivono: “Una terribile miscela, tre parti di cane che abbaia, ognuna di esse con un bisogno disperato di radersi.” Con ogni probabilità è l’ellepì più popolato di prostitute mai inciso: ce n’è almeno una in quasi ogni canzone. Shorty la trova all’incrocio tra Attaccodicuore e la Vine, l’incrocio delle due vie popolate di perdenti che Waits colloca in uno dei quartieri più desolati di L.A., Cahuenga, dove le ragazze crescono in fretta (“Be’ scommetto che lei è ancora vergine ma sono solo le venti e trentacinque / puoi vederne a milioni come loro tra Attaccodicuore e la Vine”), in Saving all my love for you spende “quindici dollari per una prostituta / con troppo trucco e una scarpa rotta / i suoi occhi erano come finti / ha cercato di imbrogliarmi / ma tu sai che conservo il mio amore per te”. Quando però si innamora della ragazza del Jersey, dichiara che “nient’altro è importante in questo mondo.” (“Non voglio prostitute dell’Ottava Strada / perché questa notte la passerò con te.”, gran romantico, il primo Waits). E poi spende tutti i suoi soldi “in un bordello messicano / di là dalla strada da una chiesa cattolica” in Mr.Siegal, l’arenbì più sulfureo mai sentito, quello in cui sfotte pure i suoi corregionali californiani: “Dall’altra parte del confine del Nevada / dove si vive forte e muore giovani / e si ha sempre un cadavere di bell’aspetto”.

Infine la colonna sonora di ‘One From The Heart’, da noi Un sogno lungo un giorno, film di Coppola molto bello e rovinoso (economicamente), in cui la musica è centrale, e lui canta in duetto con una cantante country; Cristal Gayle, la sorellina di Loretta Lynn, è suadente quando ripensa ai vecchi innamorati, gli Old Boyfriends di cui “ricordi il tipo di macchina che usavano”, che si innamorarono di “una donna diversa da come sono adesso” (“Un vestito blu può trasformare una finestra in un sogno / ma questi sogni adesso appartengono a qualcun’altra / ora parlano e dormono / nel cassetto dove tengo / tutti i miei vecchi boyfriends”). Un disco di passaggio, vero, ma con diverse canzoni stupende. Su tutte Broken bicycles (“Biciclette rotte / vecchie catene spezzate / con manubri arrugginiti / nella pioggia là fuori. / Qualcuno dovrebbe / creare un ricovero / per tutte quelle cose / che nessuno vuole più. / Settembre mi fa ripensare a luglio / è tempo di dirsi addio / l’estate se n’è andata / e il nostro amore è rimasto / come biciclette rotte / nella pioggia là fuori.”)

PRIMO INTERLUDIO

Sul set del film, Tom conosce un’irlandese tosta a nome Kathleen Brennan e la sposa. Vanno in viaggio di nozze a Tralee, nella contea di Cork. In Irlanda forse lo scambiano con un’altra persona: dal viaggio di nozze torna infatti un uomo diverso e un nuovo musicista. Si trasferisce a New York, dove va a vivere in un alloggio della 14a strada con Kathleen, i figli, molti topi, componendo brandelli di canzoni e spettacoli musicali off-Broadway.

continua...

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