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Un disco estremamente necessario

di Francesca Lozito - 5/4/2005

La redazione di Parolae ama De Gregori. Questo è ormai un dato di fatto. Mi sono chiesta, allora, se fosse necessaria una terza recensione su Pezzi e mi sono risposta da sola: “No”.
Quindi, ho deciso che la mia sarà una dichiarazione d'amore, sull'onda emotiva dell'ascolto di questo ultimo disco.
Il Deg lo amiamo e quindi gli perdoniamo tutto. Gli perdoniamo il silenzio musicale che può durare anni, i dylaneggiamenti (soprattutto quei dieci minuti nei concerti in cui crede di essere un po' lui). E non perché non amiamo Dylan (tutt’altro), ma perché quando lui dylaneggia urla e pesta sulla chitarra.
Il Deg lo amiamo perché la generazione che è nata a metà degli anni Settanta (che è la mia) è nata con le sue canzoni, ed ogni album ha segnato un momento importante, di passaggio.
Il Deg lo amiamo perché nella devastazione musicale post mortem De Andrè, in cui Fossati si è dato alla leggerezza (solo per essere clementi), Battiato è tornato al rock, Ruggeri ha smarrito la creatività e, salvo qualche guizzo, non si vedono cantautori degni di fregiarsi di questo appellativo, solo lui, solo Francesco rimane il Principe.
Il Deg lo amiamo perché ha fatto un disco che in questo momento storico, con “Pezzi” che è la nuova “Cose”, e delle perle come “La testa nel secchio” e il “Panorama di Betlemme”, era un disco estremamente necessario.
Cosa vuole dire necessario? Vuole dire che una canzone non potrà certo cambiare il mondo, ma potrà essere sempre un balsamo per il cervello.
 

F. De Gregori, Pezzi
Sony Music, 2005

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