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Frugando tra i pezzi

di Alessandro Borgogno - 30/3/2005

Alessandro, come al solito, non ha resistito alla tentazione di rispondere alla recensione del direttore...
E si è messo a frugare tra i pezzi di De Gregori anche lui.

Non lo so ancora se è un capolavoro, né se lo sia più o meno di Amore nel pomeriggio. Così a naso direi che rispetto a quello vive di meno colpi di genio ma è più compatto e “compiuto”.

Quello che so per ora è che, come al solito, al terzo o quarto ascolto esplode. Come una mina di quelle che lanciano pezzi in tutte le direzioni e cominciano a conficcartisi in vari punti, e ogni tanto senti una fitta in un punto diverso e capisci che viene da lì.

Sarà anche vero che “Vai in africa, Celestino!” è apparentemente il pezzo più facile, ma forse è solo il più “orecchiabile”, anche perché pure lì ci sono pezzi che emergono di continuo, e ad ogni ascolto scopri qualche pezzo che ti era sfuggito, e inoltre, ti fa chiedere “e perché proprio in Africa?”, e “perché Celestino?”.

Sicuramente Celestino V, papa rinunciatario, che Dante condanna fra gli ignavi e che Francesco invece assume come simbolo del rifiuto consapevole della peggiore politica, facendoci anche venire voglia di ri-sfogliare un po’ di storia. Alla faccia del pezzo facile.

Evitando di fare discorsi troppo alti, anche perché mi pare ancora presto, vado avanti un po’ a pezzi. Adoro quando De Gregori si incazza come in “Tempo reale”, densa di parole tutte una più vera dell’altra e una più dolorosamente penetrante dell’altra. Da ascoltare e riascoltare e riascoltare finché non si riesce ad urlarla insieme a lui. Mi sono risuonate all’orecchio alcune sonorità e alcune ispirazioni del tempo di Bufalo Bill, soprattutto per “La testa nel secchio” e “Il panorama di Betlemme” che mi hanno creato una libera associazione acustica e mentale con “Ninetto e la colonia” e “Ultimo discorso registrato”. Non chiedetemi perché.

Azzardo, senza avere ancora effettuato ricerche in proposito, che il titolo “Le lacrime di Nemo – l’esplosione – la fine” faccia riferimento all’ultimo capitolo de L’isola misteriosa di Jules Verne, dove il capitano Nemo muore dentro il suo sottomarino nucleare nell’esplosione dell’intera isola. I riferimenti del testo alla commistione tra cuore e scienza, idrogeno e carburante nei serbatoi mi fanno pensare che l’idea sia sensata.

Belle le musiche, solo apparentemente semplici (quando finiremo, noi per primi, di associare la semplicità musicale ad una sorta di “livello inferiore”? e allora Bob Dylan?), e comunque penetranti, avvolgenti e perfettamente sposate con le centinaia di parole sparse per tutto il disco. A proposito di Bob, sicuramente volontaria, e molto bella, la citazione nel giro musicale di “Parole a memoria”, che suona esattamente come un incrocio fra “Knockin' on heaven's door” di Dylan e “Ziggy Stardust” di David Bowie, senza essere nessuna delle due. Magnifico “Il vestito del violinista” (il diavolo, probabilmente), che avanza come una marcia inarrestabile, senza prendere né darti mai fiato, e senza cedere mai, in nessuna delle duecento e più parole che la trascinano.

Struggente ma senza commozioni inutili “Gambadilegno a Parigi”, ritratto di un reduce di guerra pennellato con pochi tratti esattissimi (“chiama un tassì, si mette avanti…”), e capace nei suoi cinque minuti di farci volare, piangendo, senza ali e con una gamba sola.

Insomma, avevo dichiarato un mese fa al nostro direttore che non avrei scritto recensioni sull’ultimo disco di De Gregori, perché per me è talmente al primo posto a prescindere da tutto che sarebbe stato un po’ come recensire l’ultimo romanzo di mio fratello o l’ultima poesia di mio padre, quindi non valeva. Poi però è uscito il disco, l’ho comprato subito come al solito, l’ho sentito tre-quattro volte e, come dicevo, è esploso.

E ha vinto lui.

 

Post scriptum

Francesco, il mio bimbo di sette anni, da ieri canticchia “Vai in Africa, Celestino!”. Volete mettere? Queste sì che sono cose che ci lasciano ancora un po’ di speranza nel futuro.

 

F. De Gregori, Pezzi
Sony Music, 2005

Leggi la recensione di Ilaria su Pezzi

Leggi la recensione di Francesca su Pezzi

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