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E Barney sfonda la porta

di Ilaria Scala - 25/7/2011

Caratteristica distintiva e al contempo più grosso limite de La versione di Barney – il libro sono le sue digressioni.

Il monumentale e fortunato romanzo di Mordecai Richler non sarebbe lo stesso senza le digressioni dell’indimenticabile protagonista e voce narrante Barney Panofski – 68enne rompicoglioni ubriacone volgare innamorato per sempre della terza moglie che tradì e da cui è inconsolabilmente divorziato.

Barney inizia la sua autobiografia per raccontare al mondo la sua versione, contro quella infamante dell’ex compagno di viaggio scrittore, che in un best-seller lo accusa di aver ucciso, 30 anni prima, il suo migliore amico in circostanze che non furono mai chiarite. Ma non arriva mai al dunque. Prima di trasportarci finalmente sulla scena del delitto, ci mette 330 pagine su 490, e nel frattempo ci racconta con identica dovizia della sua gioventù a Parigi, dei suoi tre matrimoni, del figlio nato morto e dei tre figli vivi e luce dei suoi occhi, che ha educato e che ora capisce a stento, del suo rapporto con l’alcool e con la solitudine, delle sue giornate di lavoro nella società di produzione da lui fondata (la Totally Unnecessary Production, un nome-capolavoro, che ci suggerisce un nomignolo per tante sue concorrenti che sfornano fiction e reality di analoga rilevanza culturale…), della sua smemoratezza, dei suoi vizi confessabili e non, dei suoi autori letterari preferiti e di un mucchio di altre amenità.

Interessante, per carità, ma anche pesantuccio. Giunti alla fine del notevole affresco, ci si rende conto che il tutto ha forse uno scopo, che gli incastri tra passato e presente, bonomia e acidità, ricordi belli e tragici, massimi sistemi e dettagli trascurabili richiedono una sapienza di montaggio narrativo non da poco, ma anche che con una ventina di digressioni in meno e un pizzico di linearità in più il gusto nella lettura ci avrebbe guadagnato, e si sarebbe chiusa l’ultima pagina con maggiore rimpianto.

Che un po’ di rimpianto c’è, in effetti, quando cala il sipario: come sempre, quando la giustizia trionfa postuma, e quando il colpo di scena è talmente ben scritto, talmente illuminante da riscattare tutte le ridondanze e la prolissità sofferte fin lì. Se ci aggiungiamo la coincidenza che anche il successo del romanzo è postumo, l’identificazione tra autore e protagonista si fa spontanea e necessaria, e il personaggio di fantasia Barney – che già per come è dipinto bussava di diritto alla porta del Mondo Reale – nel Mondo Reale entra a pieno titolo, sfondando la porta.  

 

M. Richler, La versione di Barney [Barney’s Version]
prima ed. 1997, Adelphi, Milano 2007

 

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