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Scintille di vita

di Ilaria Scala - 28/06/2008

Lo avevamo già scritto, e lo confermiamo: leggendo i testi di Rick Moody, si ha l'impressione che ogni parola sia necessaria, che non se ne possa fare a meno.

Anche le opere cosiddette minori, come quest'ultimo Tre vite pubblicato da minimumfax, contengono scintille di vita.

Rick Moody non è minimalista, né nella forma né nelle storie che racconta: anzi, la sua prosa è composita, variata, a tratti anche ricercata; le sue storie non sono mai banali o minime, bensì più spesso grottesche, surreali, apocalittiche.

Come il primo racconto, 'L'Armata Omega', in cui un pensionato narra in prima persona la lotta contro il terrorismo occulto di una misteriosa etnia che minaccia l'umanità. Terrorismo ed etnia che chiaramente non esistono, ma che sono frutto di una sua ossessione mentale, scatenata da una lettura di fantascienza. Le azioni del protagonista sono goffe, i suoi pensieri circospetti e diffidenti (verso tutti coloro che lo circondano: i giovinastri riuniti intorno ad un falò notturno, il pescatore silenzioso, perfino sua moglie). Il suo punto di vista distorto, confrontato con l'oggettività delle situazioni crea un effetto di ironia malinconica e irresistibile.

Altrettanto riuscito, anche se dal finale un po' brusco, è il secondo racconto, 'K & K', storia di un'impiegata coscienziosa che, impegnata a scoprire chi scrive messaggi offensivi nella cassetta dei suggerimenti aziendale da lei gestita: anche qui una minaccia fantasma, ben più concreta e comune, è il pretesto per indagare su tutto e tutti, e descrivere un microcosmo di personaggi meschini, ricettacolo di tic e disagi urbani, per una foto di gruppo che non lascia spazio all'indulgenza.

Il vero capolavoro, però, per struttura narrativa e atmosfera, è il racconto che chiude la raccolta: 'Albertine'.

Albertine è una droga chimica dagli effetti devastanti: distrugge i ricordi.

Il narratore è un cronista incaricato di fare un'inchiesta su questa droga, ma anche uno studente cino-americano molto dotato, ma anche un consumatore di Albertine, ma anche l'innamorato della donna del principale spacciatore, ma anche il compagno di banco ideale ma anche un rifugiato nei sotterranei di una Manhattan semi-distrutta da una bomba lanciata da chissà chi, chissà quando, e chissà perchè.

Nessuna delle cose scritte nelle ottanta pagine del racconto può essere certa. Perchè è scritta da chi ha la mente annebbiata, da chi forse ha perso tutti i suoi ricordi, e brancola come un cieco in un labirinto. La storia procede a salti, in modo tutt'altro che lineare, e spetta al lettore ricostruire la successione degli eventi, ammesso che ce ne sia una ricostruibile, pagina dopo pagina, grazie all'accumularsi dei dettagli e dei rimandi.

Un disegno complesso e nel contempo scorrevole e avvincente, che denota una tale padronanza della scrittura da non lasciare dubbi, ancora una volta, sulla superiorità di Rick Moody rispetto a tanti altri scrittori della sua generazione.

 

R. Moody, Tre vite
Minimumfax, Roma 2008

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