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Duemilacinquecento anni ben portati

di Ilaria Scala - 30/6/2008

Che donna moderna, Clitennestra.

Capace di soffrire in silenzio, per dieci anni, meditando vendetta.

Capace di fingere nostalgia e devozione muliebre verso il marito Agamennone reduce di guerra, per poi ucciderlo senza batter ciglio, con tre

Foto di I. Scala

 

coltellate, appena entra nel palazzo.

Agamennone, dieci anni prima, si era macchiato le mani del sangue della loro figlia adolescente, Ifigenia, sacrificata agli Dei per propiziarseli in vista della guerra di Troia.

Così Clitennestra soffre, tace, mente e infine uccide. La sua furia di madre offesa le dà coraggio e scaccia ogni ombra di rimorso o pentimento.

L'Agamennone di Eschilo rappresentata in maggio e in giugno al Teatro Greco di Siracusa è un'opera che ha 2500 anni. Duemilacinquecento. Non li dimostra affatto.

Anzi, è avvincente come un western, come un film amoremmorte dei nostri tempi. Forse è merito della scenografia del regista Pietro Carriglio, essenziale e maestosa stilizzazione del palazzo reale di Argo, con lo scalone puntato al cielo e il torrione di vedetta verso l'orizzonte; forse è merito della traduzione di Pier Paolo

Foto di I. Scala

Pasolini, che enfatizza le parti più drammatiche e snellisce le ripetizioni, o della regia stessa, che fa dialogare il coro e lo muove in scena con grande varietà e dinamismo; forse è merito dei costumi, anch'essi di Carriglio, stoffe leggere e veli sovrapposti nei toni del bianco, del grigio e del nero, del verde scuro e del marrone, che fanno risaltare il rosso scuro dell'abito-tunica di Clitennestra, rosso come il tappeto che svolge sotto i piedi del marito, rosso come il sangue che vi farà scorrere sopra, rosso come il fuoco che le brucia dentro; o forse è merito della colonna sonora di Matteo D'Amico: i canti melodiosi e strazianti, in parte anche in dialetto siciliano per richiamare la cornice in cui l'azione si svolge, e la musica della band di sassofoni, batteria, fisarmonica e violoncello.

O forse è merito della recitazione di un buon gruppo di attori: Galatea Ranzi (Clitennestra), già ammirata nell'Antigone 3 anni fa, Ilaria Genatiempo (Cassandra),  Giulio Brogi (Agamennone), Stefano Santospago (capocoro) e Maurizio Donadoni (messaggero). Se le interpreti femminili sono eccezionali, la Ranzi per la sua determinazione ed eleganza, la Genatiempo per l'enfasi dolorosa con cui vaticina la sua stessa morte, quelli maschili sono un po' meno forti e profondi, forse a causa delle loro parti, quelle

Foto di I. Scala

di uomini solo apparentemente indomiti e dominatori, e in realtà assai fragili e incapaci di comprendere il punto di vista dell'altra metà del cielo.

Unica vera stonatura, l'Egisto di Luciano Roman, che con una recitazione troppo carica e quasi macchiettistica svilisce il ruolo antieroico dell'uomo opportunista e vile che arma la mano della propria amante per compiere la sua personale vendetta. Il risultato è che la figura di Clitennestra resta padrona assoluta della scena e unica artefice del proprio destino di morte: matura, responsabile e fiera delle proprie scelte, al di là di ogni giudizio morale.

Duemilacinquecento anni. Sfido qualunque opera del nostro secolo ad arrivarci così in forma.

 

Agamennone di Eschilo
Regia di P. Carriglio.
con G. Ranzi, G. Brogi, I. Genatiempo, M. Donadoni, S. Santospago, L. Roman
Siracusa, dall'8 maggio al 22 giugno 2008, Teatro Greco

per il programma dettagliato della stagione appena conclusa... e delle prossime: www.indafondazione.org

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