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Dove il sole tramonta in scena

di Ilaria Scala - 28/6/2005

Antigone ormai ha deciso.

Dritta e fiera nel suo abito nero a più veli, gli occhi bistrati a metafora delle molte lacrime versate, i sandali bassi ai piedi, eccola attraversare la scena verso il suo destino di morte.

Morta la madre Giocasta, morto il padre Edipo, morti i fratelli Eteocle e Polinice - l'un contro l'altro armati - uccisisi reciprocamente l'uno combattendo in difesa di Tebe e l'altro tentando di distruggerla, ad Antigone non resta che una sorella, Ismene, e i suoi principi morali.

E' in nome di questi principi che la fanciulla intende dare sepoltura al fratello Polinice, pur contro il volere del nuovo re di Tebe Creonte (suo zio), che ha dato ordine di lasciare in pasto agli uccelli il cadavere di colui che ha combattuto contro la città.

 

Siamo a Siracusa, al Teatro Greco, l'unico teatro dove il sole tramonta in scena.

Siamo all'ultima replica dell'Antigone di Sofocle, con Galatea Ranzi (Antigone), Alessandro Haber (Creonte), Maurizio Donadoni (Tiresia), regia di Irene Papas.

La scena è nuda, un enorme spiazzo candido circondato da statue in stile vagamente sudamericano. Sulla sinistra, una caverna del teatro rappresenta la tomba dove Antigone viene sepolta viva. Sulla destra, in alto, la collina dove Polinice giace insepolto.

E in mezzo niente, solo lo spazio dove i sentimenti più estremi si contrappongono e danno vita alla tragedia: la devozione verso la legge, il rispetto della morale personale, la sete di potere e il senso di fratellanza, l'odio e l'amore, il dovere e la lealtà, la passione e l'altruismo.

Antigone rinuncerà alle nozze con l'amato Emone (figlio di Creonte) per seppellire il fratello e, una volta condannata dal re per aver trasgredito la legge cittadina, morirà impiccata in un sepolcro-prigione.

Non sarà questa l'unica morte violenta della tragedia: Emone si ucciderà per raggiungere Antigone nell'Ade; la madre Euridice, sconvolta dal dolore, imiterà il suo gesto.

Il re Creonte, punito con la perdita dei suoi affetti più cari nonostante il tardivo pentimento, finirà con l'impazzire.

Galatea Ranzi è un'Antigone altera e appassionata a un tempo, piena di vigore e dolcezza, emblema della giovinezza senza mezze misure, capace di tenersi la sua idea fino alla fine, e di morire per essa.

Alessandro Haber-Creonte le si contrappone con la brutalità di un potere più forte che saggio, che non ammette di scendere a compromessi con una donna (con una donna, soprattutto!), ma che al tempo stesso è capace di esitare, balbettare, tremare nel corpo e nella voce (il potere non è forse lunatico, a volte?, e distratto, oltre che assassino?).

E' un potere moderno, quello che Haber incarna: inflessibile e fragoroso nell'affermare se stesso, ma anche ottuso, pretestuoso, incolto. Capace di disintegrarsi in mille pezzettini se sfidato dalla purezza di chi crede in un ideale.

Doverosa citazione per Maurizio Donadoni, un ottimo Tiresia in estasi da premonizione. Barcolla, si agita e si contorce come posseduto dal suo stesso vaticinio, che pare uscirgli dalle viscere suo malgrado.

E una citazione anche per il coro, guidato dalle possenti voci soliste dei corifei Francesco Biscione, Andrea Cavatorta, Paolo Cosenza e Giancarlo Ratti, e impreziosito dai costumi tutti neri di Sofia Cocosalaki e dalle coreografie sobrie ritmate dalla musica di Vangelis.

Alla fine, l'intero cast e i tecnici si rincorrono sul palco sommersi dagli applausi, consapevoli di aver celebrato, ancora una volta, il rito di quel dramma antico che è la culla della nostra cultura.

Le ottantamila persone che quest'anno hanno assistito alle rappresentazioni del quarantunesimo Ciclo di spettacoli classici lo sanno, e per questo li ringraziano. 

 

Antigone di Sofocle
Regia di I. Papas. Con G. Ranzi, A. Haber, M. Donadoni
Siracusa, dal 13 maggio al 26 giugno 2005, Teatro Greco

per il programma dettagliato della stagione appena conclusa... e delle prossime: www.indafondazione.org

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