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Avanti Democratici, alla riscossa...!

di Alessandro Borgogno - 17/4/2006

Ci siamo schierati prima, evocando la strategia del villaggio gallico, sarebbe scorretto tacere dopo.

L’altra sera, a risultati elettorali finalmente e faticosamente ormai determinati, ero a cena con i miei tre più vecchi e cari amici, più di vent’anni di frequentazione mai interrotta.

Tutti da sempre di sinistra, ma altrettanto da sempre su posizioni distinte, chi più estremista, chi più ortodossamente fedele al “partito” (io), chi addirittura anarchico, almeno ai lontanissimi tempi del raduno di Venezia.

L’altra sera abbiamo scoperto che per la prima volta in vent’anni abbiamo votato tutti e quattro in modo identico. Ulivo alla Camera, Democratici di Sinistra al Senato. Finalmente, dopo giornate di impazzimento sui perchè, per come, come mai, ho trovato invece un segno dei tempi davvero tangibile.

Anche noi, mai stanchi di discutere sulle sfumature e sulle diverse posizioni anche all’interno della stessa parte, avevamo scelto, senza consultarci, non più ciò che ci sembrava più vicino alle nostre idee ma ciò che ci sembrava più utile.

E’ così che probabilmente questa politica, questa destra, questa demolizione sistematica della democrazia e della dialettica ha finito per toglierci anche la libertà che noi di sinistra avevamo sempre avuto, la libertà di scegliere secondo la nostra natura senza fare particolari calcoli.

Alla luce di questa constatazione tutti gli altri discorsi hanno perso un po’ di spessore. In fondo Berlusconi, anche in questo caso, è riuscito dove io non ero mai riuscito pur tentando negli anni di convincere i miei amici che era più utile un voto al PCI o poi al PDS piuttosto che uno a Democrazia Proletaria o a Rifondazione o un voto nullo per gesto anarchico.

Ma che non si prenda la constatazione per una valutazione negativa. In fondo l’annullamento di tutti gli altri discorsi annulla anche le chiacchiere sulla vittoria che non è stata ampia come si credeva, sul numero spaventosamente alto di italiani che ancora credono in Berlusconi e su tutte le altre cose sicuramente vere ma altrettanto superflue.

Perché la constatazione mi ha fatto rendere conto che, diversamente dalla realtà virtuale che ormai ci viene propinata da tutte le parti, le parti politiche in Italia non sono mai cambiate. E’ da sempre che si combatte per un 1% in più o in meno, è da sempre che si cercano invano le persone che votavano per la DC e ora per Forza Italia, eppure poi nell’urna lo fanno in tanti, è da sempre che il Paese è diviso in due, nessuna scoperta, anzi è da sempre che è diviso in due ma comunque tendenzialmente più di destra che di sinistra. Quindi perchè non considerare, invece, che in cinquant’anni un centro-sinistra di qualunque composizione così tanti voti non li aveva mai presi, che comunque il centro-destra ha perso, e soprattutto rispetto al trionfo del 2001 ha perso una valanga di voti. Forse era semplicemente sbagliato aspettarsi di più, ma come al solito ci siamo cascati e ci abbiamo creduto.

Pazienza. Se vogliamo cominciare a sentirci un paese democraticamente maturo come tutti predicano senza mai razzolarlo, cominciamo a considerare che in tutti i paesi democratici e occidentali si vince o si perde per pochi voti. Funziona così. Mettiamocelo in testa. Non abbiamo stravinto ma abbiamo vinto. Punto e basta.

Hanno truccato la legge elettorale per limitare le perdite, lo sapevamo, e infatti così è accaduto, ma sempre di perdite si tratta. Hanno condotto la campagna elettorale avendo in mano tutto, televisioni, giornalisti, ministeri, prefetture, strutture organizzative, rompendo e trasgredendo ogni regola scritta e non, e soprattutto avendo miliardi e miliardi e miliardi da spenderci su.

E hanno perso lo stesso.

Facciamocelo bastare e ora facciamogli vedere come si fa politica e come si governa.

Perché questa è l’unica cosa che possiamo e dobbiamo fare ora. Tentare, se siamo capaci, di credere nella politica, non quella bella o brutta o buona o cattiva, semplicemente la politica.

C’è da governare, c’è da sistemare i conti pubblici, c’è da mettere mano ad una serie di leggi oscene e devastanti, c’è da demolire con il prossimo referendum una presunta riforma costituzionale che dinamita dall’interno la stessa concezione di stato democratico che ci siamo dati cinquant’anni fa e che in fondo condividiamo ancora tutti, c’è da ricostruire una memoria storica e un senso civile che sono stati violentati senza pietà alcuna e con una volgarità e un'indecenza senza pari.

Compito arduo e difficile, da politica “alta”, come piace chiamarla ai chiacchieroni. Il destino è cinico e beffardo compagni, come disse un volta Michele Serra, e proprio a noi che tanti anni fa eravamo sovversivi, antigovernativi, anarchici e perfino a volte concettualmente un po’ eversivi, ci tocca ora il compito di difendere le istituzioni democratiche dai sovversivi veri, quelli che lo sono per egoismo e per spregio delle regole, ci tocca il compito di ridare una coscienza civile al paese intero, e perfino, suprema ironia, di difendere noi la vera proprietà privata, la nostra, dall’invadenza di chi può comprare tutto, legalmente e non, e lo fa, invadendo con la sua proprietà le nostre, entrandoci abusivamente dentro casa, nei telefoni, sui giornali, nei libri, dagli schermi, ovunque.

Per fare questo, se di politica “alta” si tratta, non conta assolutamente nulla avere un solo voto in più oppure averne trecento, conta la serietà e la volontà di farlo per riportare davvero il paese in una condizione di normalità.

In questi giorni qualcuno ha ricordato, giustamente, che Winston Churchill governò, eccome se governò, con soli due voti di maggioranza. Altri tempi e altri uomini, senz’altro, ma se dobbiamo riprenderci anche la memoria storica cominciamo ad usare anche la storia per alzarci almeno un po’ dalle miserie in cui siamo affogati finora. Quello che pochi hanno riportato, infatti, è la risposta che lo stesso Churchill diede a chi maliziosamente gli fece notare il suo esiguo vantaggio parlamentare.

“Ho solo due voti di maggioranza? Bene!” disse, “Allora uno dei due è superfluo...”

 

Leggi, nelle lettere, la risposta di Lucia 

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