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Il volo dell'elefante bianco

di Beppe Giuliano - 5/2/2006

Immaginate un aeroplano che ospiti meno di cento passeggeri, un quinto di quelli che stanno in un Jumbo Jet. Ma che sia molto più grande, e dove questi passeggeri se ne stiano molto più comodi.

E immaginatevi che sia stata pensata e costruita ben vent’anni anni prima del Jumbo. (Tutti gli articoli che ho trovato si riferiscono sempre all’aeroplano come “she”. La cosa mi piace molto. Sono convinto, infatti, che fosse femmina.)

Immaginatevela. Perché altro non potete fare. Quell’aeroplano non esiste.

Non più.

Anche se venne costruita. Una per intero e la fusoliera di una seconda. Con gran difficoltà.

Era più grande della fabbrica in cui si la si doveva realizzare, lo stabilimento della Bristol Aeroplane Company a Filton (la cittadina dove, nel 2003, è tornato a casa il Concorde dopo il suo ultimo volo). E la pista di atterraggio del posto non era lunga abbastanza, dovettero quadrupicarla.

Il papà dell’aeroplano era, ovviamente, un Lord inglese, il primo Baron Brabazon of Tara. E, con tanto nome, non poteva che essere un pioniere dell’aviazione.

Verso la fine della seconda guerra mondiale la commissione da lui presieduta decise che si doveva costruire un aeroplano in grado di trasportare passeggeri oltre l’Atlantico.

I passeggeri, si immaginava, sarebbero stati ricchi signori che volevano viaggiare comodi.

L’aeroplano, che naturalmente prese il nome di papà, e divenne la Bristol Brabazon, prevedeva uno spazio abitabile per ogni passeggero grande tre volte l’abitacolo di un’utilitaria, 80 posti letto, un ristorante, una passeggiata, una sala cinematografica per 37 spettatori.

La spingevano otto motori, ospitati nelle ali, che azionavano quattro grandi eliche.

Finirono di costruirla nel 1949, e il 4 settembre di quell’anno volò per la prima volta. Si fece vedere a un Air Show, qualche giorno dopo. Poi si concesse ancora, abbastanza sdegnosa, una serie di decolli londinesi a Heathrow, con tanto di Regina Madre che passa in rassegna gli orgogliosi membri dell’equipaggio nelle loro divise immacolate, e una passerella parigina. Noblesse oblige.

Verso la fine del 1952 erano stati spesi alcuni milioni di sterline, e nessuno si sognava più di far volare la Brabazon sulle rotte atlantiche.

La prima Brabazon venne smantellata nell’ottobre del 1953, con le parti della seconda mai completata.

Una meraviglia di fallimento, insomma. Un meraviglioso elefante bianco destinato a non volare mai le dodici ore che ci avrebbe impiegato per attraversare l’Atlantico.

Come sapete, gli elefanti non volano. Neanche quelli bianchi.

 

Per vedere l'aeroplano:

http://www.aviationarchive.org.uk/stories/getobjectstory.php?rnum=G1253&enum=GE121&pnum=5&maxp=9
  http://www.aviationarchive.org.uk/stories/getobjectstory.php?rnum=G1031&enum=GE121&pnum=7&maxp=9
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