storie

 

La resa dei conti

di Armando Cereoli - 22/6/2005

Il suo vero nome era Herbert ma in quel paesino della Romagna lo conoscevano tutti come Karl, oppure Poncio, per via del punch speciale che preparava nel suo piccolo bar in piazzetta.

Sapevano tutti, o credevano di sapere, che era austriaco, della stessa cittadina "di quell'attore coi muscoli, che è diventato pure capoccia, là in America.." e che era venuto in Romagna dopo aver perso la sua povera moglie per un brutto male.

In realtà non era mai stato sposato, era tedesco, era stato un agente del BND, il servizio segreto del suo paese, ed era venuto in Italia per fuggire da un passato troppo complicato da affrontare senza uscirne male.
Era un uomo di settantatre anni ancora di bella presenza, dai modi garbati e dalla parlata piacevole nonostante le asperità del suo accento teutonico. Aveva un folta chioma di capelli bianchi, lunghi quel tanto da conferirgli un aspetto appena selvaggio che lo rendeva anche agli occhi delle donne più giovani piuttosto interessante. Sul suo volto, solcato da poche rughe essenziali, convivevano in perfetta armonia un sorriso bonario appena pronunciato e un velo di malinconia che sembrava messa là apposta per far apparire la sua elegante senilità ancora più seducente. Forse quella malinconia era la presentazione più sincera che egli potesse fare di se stesso al prossimo, quasi volesse raccontare con gli occhi quel passato doloroso che non lo mollava mai, il rimorso di una coscienza che credeva di aver perduto il giorno che lasciò i servizi per passare al lato oscuro, e che invece si era ripresentata subdola il giorno in cui perse tutto.

 

Quel giorno di tanti anni prima Karl aveva quasi cinquant'anni. Si era ormai costruito una notevole ricchezza vendendo informazioni e servigi preziosi in tutto il mondo, mettendo a frutto quello che il BND gli aveva insegnato e la rete di contatti che si era creato negli anni di servizio. Commise l'errore di credere di poter forzare la mano mettendo contro gli interessi di alcuni suoi clienti. Morirono molte persone, più di quante ne avesse messo in conto, morì una donna che significava qualcosa per lui e con lei morì una parte di lui.
Aveva sempre tenuto pronto un piano di emergenza da attivare in caso di problemi; soldi, documenti, una pistola ma soprattutto le basi di una nuova vita che attendeva solo di essere cominciata. E dunque, dopo qualche anno di invisibilità, riemerse dal proprio passato giungendo in quel paesino con una sola valigia in mano e un mazzo di chiavi. Davanti a lui una saracinesca storta e arrugginita chiudeva il locale che lo attendeva da tempo e che sarebbe diventato il suo bar e la sua nuova vita.

 

Quello del giorno seguente sarebbe stato il suo sedicesimo Natale in Italia. Come consuetudine aveva cortesemente rifiutato più di un invito a trascorrere il cenone tra amici; come ogni vigilia avrebbe chiuso il bar un po' più tardi del solito, si sarebbe acceso un toscanello e lo avrebbe fumato poggiato alla mostra delle bottiglie alle sue spalle, godendosi il silenzio e la solitudine di una sera in cui tutti, tranne lui, erano in compagnia.

Tobia, un vecchio contadino storto e claudicante, finì avidamente la sua grappa compiacendosi, come era solito, di essersela meritata dopo una dura giornata di lavoro nel suo campicello. Karl gli dava conversazione da dietro il banco prestandosi al suo humour di vecchio romagnolo. Fuori era calata un po' di nebbia e la temperatura si era abbassata di parecchio. Nella piazzetta davanti al bar il tempo sembrava fermo.

"Va là, Poncio, che te la trovo io una donna...!" stava dicendo Tobia, sospinto dalla grappa su uno degli argomenti a lui più congeniali.

"Trovane due, allora" rispose ammiccante Karl "così ce la spassiamo insieme.." e proprio mentre pronunciava queste parole la coda del suo occhio percepì qualcosa che prima non c'era. Una macchia nera sul limite estremo del suo campo visivo, un'alterazione del messaggio luminoso che suggeriva una nuova presenza. Voltò la testa verso l'ingresso del bar e inquadrò un individuo piuttosto robusto, chiuso accuratamente in un giaccone impermeabile. Aveva le mani in tasca e teneva lo sguardo fisso su di lui restando fermo sulla soglia. Karl sostenne il suo sguardo per qualche istante puntandolo dritto alle pupille; alle sue orecchie giungeva lontana come se venisse da un pozzo profondo la voce di Tobia che continuava a berciare di donne.
"Buon Natale Tobia" disse Karl interrompendone il monologo e continuando a fissare l'uomo "ora torna a casa che tua moglie ti aspetta per mangiare l'anguilla" e cosi dicendo gli diede una pacca sulla spalla quasi lo volesse sospingere fuori dal bar. Il vecchio biascicò qualcosa in dialetto, si calcò sulla testa il cappellaccio a tese larghe da contadino e prese la via dell'uscita. Incrociando l'individuo sull'uscio lo guardò per un istante, come se lo avesse notato solo in quel momento, poi si toccò appena il cappellaccio e gli augurò buon Natale. L'individuo gli rispose con un educato cenno della testa.

 

Soli. L'uomo entrò definitivamente nel bar, camminando lentamente verso il banco. La sua andatura, pigra e leggermente ondeggiante, suggeriva complicità, quasi la dedicasse a Karl in nome di una vecchia amicizia.
In breve fu davanti a lui.

Karl lasciò la propria bocca accennare un leggero sorriso.

"Alla fine ce l'hai fatta" disse e pronunciando quelle parole ebbe la sensazione di non parlare ad un altro uomo ma a se stesso.

"Non è stato facile ma te lo avevo giurato.." rispose l'uomo.

Karl mise due bicchieri sul banco e versò due dita del miglior whisky che teneva da parte.

"Alla tua..." disse Karl alzando il bicchiere. L'uomo rispose alzando il suo e insieme vuotarono il whisky.

Karl sapeva perchè quell'uomo era là e non era per niente sorpreso del suo arrivo. In cuor suo sapeva che quel giorno sarebbe arrivato, solo il tempo avrebbe deciso quando.

"Gomorov?" chiese, riferendosi all'unica persona che avrebbe potuto indirizzare l'uomo da lui. Questi fece un cenno affermativo con la testa.

"Che ne hai fatto?" domandò Karl.

"Ci ho dovuto lavorare un po', non avrebbe mai parlato... "

Karl non ne dubitò, conosceva bene Gomorov. E comunque ormai non importava più.

"Se ti può consolare l'ho finito per risparmiargli un'agonia terribile. Non avevo niente contro di lui..."

Karl abbassò lo sguardo.

Era finita. Non c'era più niente da dire o fare e forse non ne aveva più voglia. La pistola sotto il bancone, così a portata di mano, non serviva più. Era stufo di sentire quel pur debole fremito di angoscia ogni volta che uno sconosciuto incrociava la sua strada; l'arrivo dell'uomo dal passato lo faceva sentire stranamente sollevato.

"Sei pronto?" chiese l'uomo.

Karl lo guardò negli occhi, sorrise amaramente e disse "quando vuoi..."

Fuori del bar la nebbia aveva preso il sopravvento, il Natale era ormai in pieno corso nelle poche case di quell'anonimo paesino. Di lì a poco il parroco della piccola chiesa avrebbe aperto il portone e qualche ombra avrebbe attraversato la piazzetta per prendere parte alla veglia natalizia.

Un colpo di pistola soffocato da un silenziatore attraversò sommessamente la quiete della piazzetta e morì solitario nella coltre di nebbia...

 

Tutte le storie