storie

 

Resurrezione: la storia di J.R. Richard

di Beppe Giuliano - 2/3/2005

La storia, giusto premetterlo, è tipicamente stelle-e-strisce.

Infatti ci hanno fatto un film, il cui titolo è esemplare: Resurrection: The J.R. Richard Story (l’interprete, David Ramsey, è già stato Muhammad Ali in un TV-movie del 2000).

È stelle-e-strisce non solo, e non tanto, perché J.R. Richard era un campione del gioco del baseball. Lo è, ovvio, anche per il finale lieto (o almeno in parte tale) che il titolo lascia intuire.

Non ho visto il film e non so, quindi, come inizi: si possono fare, direi, diverse ipotesi.

Si può iniziare con il giovane J.R., un ragazzino della Louisiana alto più di due metri con una mano così grande da tenerci otto palle da baseball, che nell’ultimo anno delle superiori vince tutte le partite lanciate senza permettere agli avversari di segnare un solo punto.

O si può iniziare dal fondo, e mostrare il senzacasa quarantacinquenne scovato da un reporter a vivere sotto un cavalcavia dell’autostrada a pochi chilometri dallo stadio Astrodome dove era stato grande campione nella seconda metà degli anni settanta.

Oppure, ancora, lo si potrebbe presentare trentenne “al massimo del fulgore agonistico” (come si dice) che alla partita delle stelle del luglio 1980 è il lanciatore partente per la National League, un onore concesso al migliore del momento.

Lui lo era davvero: venti partite vinte nel ’76, le ultime tre in soli nove giorni, più di 100 vittorie all’età di appena trent’anni, più di 300 strikeout in due stagioni consecutive, il completo dominio dei Dodgers, battuti tredici volte di fila, cinque senza consentir loro di segnare, l’ultima ad aprile dell’80 concedendo una sola battuta valida; e a maggio due consecutivi shutouts, le partite complete vinte non permettendo agli avversari di segnare.

Eppure in quel 1980 le cose incominciarono a non andare bene fra J.R. e i giornalisti, il pubblico, alcuni compagni di squadra degli Houston Astros. Il lanciatore che non aveva saltato un incontro negli ultimi cinque anni (e chi sa di baseball comprende cosa significhi, in un ruolo che sottopone a usura, rischio di infortuni e frequenti problemi fisici) prende a lamentarsi per vari malanni, a farsi sostituire durante le partite. Mormorano che è pigro, vile, invidioso del compagno di squadra Nolan Ryan che guadagna di più, forse persino drogato; i medici dicono che i suoi sono problemi emotivi. Il tutto con un sottofondo razziale alle accuse.

Ecco. L’inizio migliore del film potrebbe essere il giorno in cui la vita di Richard svolta verso il dramma. Nello stesso mese di luglio delle partita delle stelle, il giorno 30, il campione “al massimo del fulgore agonistico” collassa durante un leggero allenamento. Quello che comunemente chiamiamo “un colpo”. L’ambulanza, l’intervento chirurgico. I giornalisti chiedono se ci saranno conseguenze per il braccio del lanciatore, il chirurgo risponde in questo momento ci stiamo preoccupando per la sua vita, non per il suo braccio. Un altro intervento chirurgico in settembre, la parte sinistra del corpo lesa, l’impossibilità di riacquistare la coordinazione necessaria per lanciare. Il solito tentativo di tornare all’attività sportiva, come al solito senza successo.

Gli Astros lo “tagliano”, come si dice.

«Non si sono interessati, dopo la malattia?» gli chiede un reporter che lo intervista nel 2004.

«Hanno verificato se potevo ancora lanciare. Di questo si sono interessati.»

«Non erano interessati della persona J.R.Richard?»

«No, non lo erano. Credo sia evidente. Se lo fossero stati perché non mi avevano controllato quando lamentavo di star male?»

«Dopo l’infarto le cose sono andate di male in peggio per te – gli ha chiesto l’intervistatore. Centinaia di migliaia di dollari persi in un investimento andato male. Hai perso agente, avvocato, due mogli, la casa. È successo tutto insieme, o c’è un evento che ha causato gli altri?»

«È successo in un certo periodo di tempo. Il mio agente è sparito per primo, subito dopo l’infarto. Sai, non voleva averci a che fare...»

«Nell’inverno del 1994 eri in miseria, senza casa e vivevi a Houston sotto un cavalcavia dell’autostrada. Com’erano le tue giornate?»

«Non facevo le cose che fanno la maggior parte dei senzacasa. Credo per orgoglio. Non andavo a lavare vetri o a elemosinare uno o due dollari per poter mangiare. Avevo amici come Patrick Taylor, che non dimenticherò per tutta la vita. Potevo stare da lui una notte ogni tanto, lavare i vestiti, mangiare.»

«Hai detto: l’unico modo per capire cosa significa è andarci a stare, sotto a un ponte.»

«Esatto. Niente denaro, carte di credito, niente di niente. Solo provandolo si capisce come ci si sente a essere senza casa, denaro, affamato e con niente da mangiare.»

Oggi J.R.Richard è un ministro battista, lavora per i senzacasa e per i giovani in difficoltà.

«Sono molto fortunato - dice. Dio mi ha permesso di affrontare queste difficoltà per diventare una persona migliore. Dio ti può aiutare ad affrontare ogni situazione in cui ti trovi, ma devi darti da fare per superare le difficoltà da solo. Dio non ti consegna un tacchino a domicilio. Devi prendere e andare al supermercato, e poi Dio ti aiuterà. Se vuoi passare la vita da senzacasa seduto fra le tue feci e l’urina, Dio te lo lascerà fare. Ha detto: fai il primo passo, io ti aiuterò a fare gli altri.»

La storia, l’avevo premesso, è tipicamente stelle-e-strisce. Resurrection è stato presentato l’undici di febbraio al Pan African Film Festival di Los Angeles.

«La gente ha reagito molto bene alla proiezione,» ha detto il regista e produttore Greg Carter, un nativo di Houston. «Alla fine nella sala nessuno aveva gli occhi asciutti.»

 

Per saperne di più su J.R. Richard:

www.astrosdaily.com/files/team/richard/richard.html

   www.usatoday.com/sports/baseball/nl/astros/2005-02-23-richard-resurrection-film_x.htm

www.imdb.com/title/tt0410516/

Per guardare la sua foto: www.astrosdaily.com/files/team/richard/06richard.jpg  

Tutte le storie