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I titoli soprattutto

di Ilaria Scala - 11/5/2012

L’ultimo libro di Luciano Ligabue è una raccolta di racconti. Racconti sinceri, sgorgati dal cuore, si vede. Alcuni anche commoventi, capaci di coinvolgere con piccoli dettagli e trame semplicissime, direi “alla-carver”, se il solo pensarlo non mi suonasse un po’ come una bestemmia (anzi, facciamo che non l’ho detto, ok? Anche perché Ligabue ha l’aria di averlo letto, Carver, e di essere cresciuto guardando America Oggi di Altman).

Racconti sinceri, corretti. E’ la cosa migliore che se ne possa dire, credo. In tempi di utilitarismo e opportunismo e sfruttamento della fama ottenuta facendo altro per raccattare consenso e vendite in ambiti diversi, non è poco. Abbiamo già recensito un romanzo, di Ligabue, anni fa. Abbiamo visto i suoi film, letto altri suoi racconti. Ligabue non si risparmia, esplora i diversi territori della comunicazione e su tutti si cimenta con umiltà, mettendosi alla prova, con risultati alterni, cercando modi nuovi per dire cose comuni con linguaggi vari, che padroneggia meno di quello della canzone.

Sa scrivere, Ligabue, sa scrivere per immagini, per flash. Dichiara di voler ampliare il respiro, a volte, uscendo dai limiti metrici della canzone. Scrivendo storie più lunghe, più articolate. Frasi più estese, con un diverso ritmo. E spesso coglie nel segno. Più nei flash che nelle descrizioni, più nel discorso indiretto libero o nei brani in prima persona che non nei dialoghi. Questo forse perché la sintassi non è sempre eccellente, anzi. Molti passaggi peccano di ingenuità, se non di banalità. Di alcuni si fa fatica a cogliere la necessità intrinseca, il che può anche essere una scelta, l’esaltazione del quotidiano e dello scampolo di vita ritratto così com’è, senza scopo né morale. (Può essere una scelta, certo, ma non riesco a vederci un valore. Nessuna opera letteraria in quanto tale può dirsi necessaria al mondo, in fondo. Eppure, nonostante ciò, tutti sappiamo che ci sono opere letterarie necessarie eccome.)

Citiamo in particolare i racconti più riusciti: “Lo vuole vedere?”, “Ristretto vuol dire ristretto”, “Il rumore dei baci a vuoto”, “Non guardo” e “Pioggia di stelle”. Scelta puramente personale all’interno di un libro facile e gradevole, senza infamia né pretese.

Un’ultima notazione. Sapete ciò che veramente ha di bello, questo libro? La copertina. E i titoli dei racconti. Piccoli capolavori.

 

L. Ligabue, Il rumore dei baci a vuoto
Einaudi, I coralli, Milano 2012

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