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La Svezia non basta

di Ilaria Scala - 3/4/2011

Ancora orfani di Larsson, eccoci di nuovo immersi nelle atmosfere brumose di un thriller svedese: accoltellamenti notturni, neve in ottobre, inverni bui, caffè lungo in tazzoni alti. L'ombra deprimente di una vita trascorsa in polizia, tra misteri e ammazzamenti, e la prospettiva di una vecchiaia di solitudine, tristezza crescente, forse alleviata dall'alcool.

E' la sottotrama de L'uomo inquieto di H. Mankell, storia di un poliziotto ai limiti della pensione, burbero e onesto, con una figlia in polizia e una nipote appena nata, che trascorre il tempo libero ad indagare sulla scomparsa del consuocero, anziano comandante di marina in pensione, per far luce su una torbida storia di spionaggio dei tempi della guerra fredda.

Non che il libro non sia avvincente. Lo è eccome. Ma la trama ha non poche falle (cosa inammissibile, per un giallo), e la sottotrama ha ambizioni letterarie troppo "alte" per raggiungerle. In pratica, l'opera oscilla tra il romanzo di genere e il romanzo tout-court senza riuscire ad imboccare con successo una delle due strade. Un romanzo di genere avrebbe dovuto essere più rigoroso, più compiuto, ed inseguire e spiegare fino all'ultimo degli indizi senza perderne le tracce. Da un romanzo tout-court ci si aspetterebbe maggior cura nella descrizione psicologica dei personaggi (che sono invece, a parte il protagonista, tutti "accennati" in modo sommario e grossolano), nei dialoghi, nelle ambientazioni.

Un libro riuscito a metà, insomma, un'occasione mancata. La vena malinconica e i paesaggi svedesi non bastano.

 

H. Mankell, L'uomo inquieto
Marsilio, 2010

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