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Gruppo di famiglia in un inferno

di Alessandro Borgogno - 14/2/2011

Ogni tanto ci piace segnalare libri poco appariscenti e ancor meno pubblicizzati. E’ il caso di Menami, Mamma di Gianpiero Milanetti, scrittore e giornalista romano. E’ un piccolo romanzo intrigante, evidentemente autobiografico, che ci fa entrare senza filtri nella vita di una famiglia degli anni ’60, in un quartiere popolare della (allora) periferia romana (l’Appio-Tuscolano, oggi praticamente zona centralissima). Se già dal titolo viene suggerita una vena sadomasochista dei rapporti familiari, fin dalle prime pagine si viene letteralmente proiettati in una sorta di inferno quotidiano, o forse sarebbe meglio dire purgatorio, dove ogni gesto, ogni rapporto, ogni avvenimento sembra perennemente in bilico fra il grottesco e il tragico. Nei piccoli e angusti ambienti di un appartamento popolare (con rare uscite all’aria aperta, ad esempio all’oratorio della parrocchia dove si svolgono vicende non meno torbide) si muovono il piccolo protagonista, Carletto, due fratelli maggiori più rivali che complici, una sorella tenuta da tutti in secondo piano, una nonna ruvida e ingombrante, un padre evanescente e succube, e soprattutto una madre onnipresente e ossessiva che anche con la sua sola presenza tutto muove e tutto condiziona.

La narrazione è cruda, a tratti violenta. Le descrizioni colgono anche i minimi particolari che rendono significative anche le situazioni apparentemente più scontate (il modo di apparecchiare la tavola, il malo modo di cucinare e di rifilare ai figli cibi scaduti). La mancanza di pudore è totale e non si ferma neanche davanti agli aspetti più intimi, fino a sfiorare l’imbarazzo del lettore. In questo modo Milanetti ci costringe a non interpretare, a non trovare aspetti romanzeschi nella narrazione, ma piuttosto a fare i conti senza filtri con gli aspetti più difficili e duri dell’infanzia, della famiglia e delle sue più contorte perversioni.

Su tutto e su tutti, inevitabilmente, giganteggia la figura della madre, personaggio davvero notevole che a tratti evoca dimensioni shakespeariane, tanto diabolici e inesorabili appaiono i suoi rapporti di potere e di dominio su tutti gli altri personaggi della famiglia, nonna compresa.

E in realtà, se si trattasse solo di una terribile mamma cattiva ci si potrebbe fermare ad una sequenza, magari acuta, di piccole e grandi violenze familiari, fisiche e psicologiche. Ciò che invece rende tutto più penetrante e realistico è proprio l’aspetto ambiguo, non a caso esplicitato nel titolo, che lega tutti i personaggi non solo per ovvi motivi di dominio e sopraffazione, ma anche quando non soprattutto di necessità e di ricerca continua di affetto. Affetto che se proprio non si riesce ad ottenere in modalità “normali”, ben venga allora anche attraverso il sotterfugio, il contatto morboso, l’incitamento alla violenza, fino ad arrivare a desiderare le cinghiate della mamma-carnefice, purché queste rappresentino la dimostrazione di riconoscimento e di sottomissione che per un attimo unisca la madre al figlio in un rapporto unico e intimo.

Romanzo duro e per nulla indulgente, che costringe il lettore alla fatica di non nascondersi e di non farsi illusioni, e che ci fa entrare direttamente, chiudendoci la porta alle spalle, negli aspetti più intimi di una famiglia che non è, badate bene, una famiglia fuori dal comune o straordinariamente perversa, ma una classica e tradizionalissima famiglia “normale”. E in questo, forse non del tutto incidentalmente, ci porta anche a riflettere in modo non banale sugli aspetti più violenti e controversi di quella che tanto spesso, e a sproposito, viene definita normalità.

 

G. Milanetti, Menami Mamma  
Gaffi, collana Evasioni, 2010

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