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Del libero arbitrio

di Alessandro Borgogno - 5/3/2010

L’assunto di partenza è semplice: se Dio ha creato l’uomo dotandolo di libero arbitrio, in questo libero arbitrio deve essere contemplata anche la possibilità che l’uomo inganni il suo creatore, e che riesca a sfuggire al destino che l’Onnipotente ha disegnato per lui. La domanda, di per sé impegnativa, non se la pone una persona qualunque, se la pone il Creatore stesso. Ancor meglio, la pone ad un suo fedelissimo servitore, una sorta di Angelo immortale dall’improbabile nome di Teliqalipukt, che essendo assai più a contatto con gli uomini di quanto non riesca ad esserlo l’Altissimo può forse illuminarlo meglio su come le sue creature predilette si adoperino per sfuggire al suo disegno, o quanto meno per seguirlo ugualmente ma senza esserne svuotati nei sentimenti, nelle azioni e nelle scelte.

Sfilano così personaggi storici noti e meno noti di ciascuno dei quali scopriamo, e non sapremo mai se sono verità o invenzioni del geniale e scanzonato servitore del Signore, un destino, un epilogo o anche solo una vita diversa da quella che ci hanno tramandato i libri di storia. L’imperatore Federico II, l’immortale bardo William Shakespeare, l’attore Sir Alec Guinnes, lo scrittore Oscar Wilde, il presidente John Fitzgerald Kennedy, il campione di scacchi Capablanca, il matematico Évariste Galois, il poeta Catullo e perfino il fenomenale cavallo da trotto Varenne.

Ciascuno raccontato, in modo rapido e accattivante, attraverso le sue pieghe meno note e i suoi percorsi nascosti, fino a svelare in alcuni casi i risvolti più sorprendenti.

Ciascuno raccontato nel momento cruciale in cui, di fronte alla svolta della sua vita, ha deciso di imboccare la strada meno scontata, a volte addirittura segreta, ingannando tutto il mondo e forse addirittura ingannando colui che non può essere ingannato.

Queste storie ce le racconta Roberto Vecchioni, non propriamente uno scrittore, o almeno non conosciuto abbastanza come tale. E’ certamente facile trovare nei suoi racconti gli echi delle sue canzoni, il suo modo di rileggere i personaggi storici già affrontato nelle sue liriche (prima fra tutte la bellissima Alessandro e il mare nella quale riscrive il capitolo finale delle conquiste del Grande condottiero macedone). E’ anche altrettanto sorprendente però scoprirlo così appassionato agli uomini e alle loro storie trasversali, al rapporto di ciascuno di loro con Dio e con il destino che li spinge verso la storia.

Nella narrazione forse non perfetta, che in alcuni momenti sembra ricordare più un album di sue canzoni che un romanzo vero e proprio, lascia comunque piacevolmente e assai intelligentemente sorpresi la capacità di stupirsi lui stesso di fronte alle infinite risorse degli uomini e all’ingegno di cui possono essere capaci pur di sfuggire al loro apparentemente ineluttabile destino di esseri limitati e mortali.

 

La frase: “Non vogliono, non vogliono più: i cavalli escono dalla scacchiera, le torri volano in alto, i pedoni ripercorrono i propri passi, e in questo delirio, in questo gioco stravolto, ingannando lo spazio e barando con il tempo, spacciano ’sta falsa libertà per uno scacco a me, uno scacco a Dio. Ecco cosa mi tormenta e cosa voglio capire: dove ho sbagliato? Come ho fatto a perderli?

 

R. Vecchioni, Scacco a Dio
Einaudi, Milano 2009

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