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Glocal? Due libri tra via Dante e Mumbai

di Beppe Giuliano - 28/04/2009

Questi due libri non hanno assolutamente niente che li accomuna. Uno è ambientato fuori dalla porta di casa mia (per dire: ho preso la bicicletta e sono andato a vedere dove sta, adesso, il numero 34 di via Dante), l’altro in un posto di cui non so niente, che riesco a immaginare solo grazie alla bravura dell’autrice nel farcene sentire i rumori gli odori e la musica, Semplicemente, li ho letti contemporaneamente, e questo resta l’unico, minimo, comune denominatore. Forse.

Forse leggerli contemporaneamente, uno così prossimo, l’altro così distante, me li ha fatti apprezzare di più (ma non ne sono sicuro, eh!).

Che poi: uno è prossimo perché ambientato nella mia città, ma distante nel tempo. Legami di morte di Angelo Marenzana (edito da Dario Flaccovio, 2008) è infatti un poliziesco dei giorni in cui si festeggiava la “conquista dell’Impero”, quando ci esaltammo - tristemente, e Marenzana ci induce a capirlo con eleganza - per aver messo in fuga il Negus (addirittura!), e parte con il ritrovamento del corpo di una giovane donna nell’androne di via Dante 34, ad Alessandria.

Gente di Mumbai di Munmun Ghosh (Intermezzi ed., 2009) si svolge oggi, anzi avrei quasi scritto si muove oggi, perché la vita (e la morte) a Mumbai, sembrano continuare a muoversi, sui treni stracolmi di pendolari, così come continua a muoversi il racconto della Ghosh, con questo suo (eterno?) scorrere da una vita all’altra.

Fatta questa premessa troppo lunga e altrettanto confusa, cerco di farvi capire meglio perché valga la pena di leggere sia il libro di via Dante, sia quello di Mumbai.

 

Legami di morte è un poliziesco, con un commissario di polizia fuori dagli schemi (questa è forse la più vistosa concessione al “genere”), malinconicamente - da poco - vedovo, che non accetta il suggerimento (per usare un eufemismo) dei superiori e si ostina a indagare sulla morte di una giovane donna - anzi, forse due - che il questore vorrebbe frettolosamente definire accidentale.

È scritto molto bene, la ricostruzione della città e dell’epoca sono accurate (chissà se l’ambientazione a metà degli anni trenta risente del recente notevole successo di Andrea Vitali?), i personaggi “autentici”, per quanto questo termine possa sembrare ingannevole, trattandosi di un’opera di fantasia (anche in questo sta la bravura dell’autore, no?).

Lo possono leggere, con piacere, anche i non-alessandrini, che al massimo si perdono un po’ di atmosfera cittadina (e questo è per me un segnale di vecchiaia, accidenti: affascinato dal “clima” della mia città, da cui a vent’anni volevo scappare).

 

Di Gente di Mumbai non voglio dirvi la cosa più importante, perché val la pena di scoprirla leggendolo, come è successo a me. È un libro doloroso e irritante, all’inizio, poi ce ne si fa una ragione, e questa è una sua forza. Riesce a farsi apprezzare pur essendo necessariamente distante dal nostro pensiero occidentale, con questo imporci la scarsa importanza delle vite che incrociamo (non per l’autrice, assolutamente no, è una scarsa importanza assoluta, non relativa). Vi devo avvertire di un paio di limiti del libro: il titolo è furbetto, in originale è l’efficace Hushed Voices, voci zittite, e l’ammiccamento a Joyce mi pare un trucco di marketing (giustificabile trattandosi di giovane casa editrice); se si arriverà a edizioni successive, come mi auguro perché il libro davvero merita, sarà necessario un bel lavoro di pulitura su una traduzione che ogni tanto fa a botte con l’italiano.

Lo possono leggere, con piacere, anche quelli che a Mumbai non sono mai stati e quindi non sanno come sia davvero. A me ha fatto venir voglia di andarci, per dire.

 

A. Marenzana, Legami di morte
Ed. Dario Flaccovio, 2008

M. Ghosh, Gente di Mumbai
Intermezzi ed., 2009

Sui siti degli editori:
http://www.darioflaccovio.it/scheda/?codice=DF8159
http://www.intermezzieditore.it/gentedimumbai.php

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