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Potere di vita e di morte

di Alessandro Borgogno - 9/3/2008

E’ diventato famoso per aver scritto Fight Club, romanzo originale e provocatorio da cui è stato tratto un fortunato film con Brad Pitt, ma ne parliamo perchè quello è solo uno dei suoi romanzi, e perché lui è uno scrittore autentico.

Chuck Palahniuk, al secolo Charles Michael, che già dal diminutivo scelto e dal suo cognome naturale evoca commistioni di tradizione e leggerezza, nomi di antichi capi pellerossa, distese di foreste canadesi miscelati a suoni rapidi e moderni da metropoli americane, è uno di quei narratori capaci di raccontare senza essere mai banale. Né negli argomenti scelti, né nel modo di elaborarli, né nelle modalità di svolgimento del racconto.

Condivide col suo grandissimo connazionale, Stephen King, non solo il gusto per le situazioni forti ed anche estreme, ma soprattutto la capacità di non fermarsi alla prima intuizione, bensì di portare un’idea subito oltre il suo limite, spingerla alle conseguenze estreme, superarla appena la si è esposta per entrare in uno stadio successivo e aprire altre porte sempre più inquietanti.

Ninna Nanna, il quinto dei suoi otto romanzi finora pubblicati, ciascuno dei quali prende un tema sempre in bilico fra la cronaca nera e l’estrema metafisica, parte già senza concederci rilassatezze da un tema difficile anche da nominare: le cosiddette “morti in culla”, neonati o bambini trovati morti la mattina nei loro lettini, senza ragioni apparenti e senza spiegazioni medico-scientifiche.

Dopo pochissimo è già lanciato sulle tracce di una possibile spiegazione, nascosta in una piccola poesia tradizionale africana fra le pagine di un libro di filastrocche. Sarebbe già un tema più che sufficiente per un thriller originale e inquietante. Ma non per Chuck. Dopo pochi capitoli si è trasportati in una sorta di “on the road” allucinato con improbabili compagni di viaggio che però riescono addirittura a sembrare verosimili. Ma soprattutto, trattandosi di metafisica, tutto il racconto diventa un viaggio in un altrove che tutti crediamo di conoscere e tutti abbiamo paura di conoscere, e se proprio lo si dovesse sintetizzare in una espressione, si potrebbe definirlo il potere della parola, e ancor più il potere della mente.

Ma non basta neanche questo, perché, cambiando spesso scenario e accadimenti conseguenti, Palahniuk ci mette continuamente in condizione di identificarci e al tempo stesso di ritrarci inorriditi da ciò che racconta, facendoci chiedere cosa faremmo Noi se avessimo davvero potere di vita e di morte sugli altri. Se potessimo davvero uccidere qualcuno soltanto col nostro pensiero, con un unico atto di volontà. E neanche di questo si accontenta, perché tutto ciò lo fa immergendoci in continue considerazioni sulla nostra civiltà, sull’inondazione di suoni, di rumori, di informazioni, sul proliferare delle sette, delle visioni apocalittiche sul mondo, delle convinzioni più o meno assolutiste su cosa si deve e cosa non si deve fare per salvare o per distruggere il pianeta, l’umanità, noi stessi.

E’ un fiume in piena, arrotola frasi e toni e situazioni iterative fino a farle diventare un suono, e al contempo infila qua e là notazioni folgoranti che sembrano buttate lì per caso e che invece naturalmente non lo sono, irrigando ogni pagina con una fantasia malsana e perciò irresistibilmente affascinante, e trasportandoci in una spirale di omicidi, stragi silenziose, incendi e catastrofi devastanti, sempre con lo stesso tono di apparente leggerezza e contemporaneo ma altrettanto apparente cinismo.

Non teme le conseguenze di ciò che racconta, non teme l’eccesso, non si ritrae di fronte a nessuna situazione sgradevole, anche ai limiti del fastidio. E’ un narratore a volte cinico, a volte spietato, sicuramente brillante e altrettanto spiazzante, ma senza dubbio è un narratore che non ha paura, e questo, probabilmente, è quel che ci spaventa di più nel leggerlo, e che ci dà i brividi.

Non credo che oggi come oggi se ne trovino molti altri capaci di riuscirci.

 

La frase

“La maggior parte delle risate preregistrate che si sentono in TV risalgono all'inizio degli anni Cinquanta. Oggi buona parte della gente che sentite ridere è morta.”

 

C. Palahniuk, Ninna Nanna
Mondadori - Piccola Biblioteca Oscar, Milano 2005

La voce Wikipedia su Chuck Palahniuk http://it.wikipedia.org/wiki/Chuck_Palahniuk

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