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Cosa c'è in scena di Ilaria Scala - 10/9/2007 Abbiamo riletto dopo anni quel capolavoro che è Il cinema secondo Hitchcock, la lunga intervista che Truffaut fece al “maestro del brivido” pochi anni prima della sua morte, e che tratta in modo dettagliato l’ideazione e la realizzazione (dal punto di vista creativo, produttivo e soprattutto tecnico) di tutti i suoi film, dal primissimo (Number 13, del 1922) all’ultimo (Family Plot, del 1976). È il libro definitivo su Hitchcock. Perché, pur non essendo stato scritto da lui in prima persona, ne riporta fedelmente la voce e i pensieri, ed è così denso di rivelazioni, aneddoti, insegnamenti di regia e fotografia da poter essere considerato non solo una summa completa della sua opera, ma anche un manuale insostituibile per capire il cinema: le capacità visive della mente, la costruzione delle immagini, la sceneggiatura - intesa come intreccio originale o come trattamento da opere letterarie - e le scelte più o meno indipendenti, più o meno funzionali, che conducono alla realizzazione di un film. Hitchcock, conversando con Truffaut, non si risparmiò né in dettagli né in ironia; di ogni suo film narrò con dovizia le origini creative, la molla che li rese interessanti per lui, i problemi incontrati in corso d’opera, le soluzioni trovate, la sua opinione personale sul risultato finale, la risposta del pubblico. Truffaut, dall’altra parte, fu un intervistatore attento e preparato e, da gran conoscitore e appassionato dell’opera hitchcockiana, fu capace di stimolare acute riflessioni sul linguaggio cinematografico e sulle tecniche di costruzione del senso e della narrazione per immagini. Per gli amanti del cinema, questo è un libro insostituibile, da leggere e rileggere negli anni, possibilmente con i dvd dei film citati a portata di mano, per rivederli passo passo con occhio clinico e guardare “cosa c’è in scena” fino all’ultimo dettaglio.
F. Truffaut, Il cinema
secondo Hitchcock |