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Divertimenti di rito

di Alessandro Borgogno - 24/4/2007

Ci sono vari modi di guardare alle parti più superficiali e chiassosamente cialtrone della nostra società. Quello che normalmente conosciamo meglio, almeno per quello che mi riguarda, è lo sguardo un po’ snob di chi si tiene sempre un po’ al di fuori, giudicando con sufficienza, e resta sempre a latere, anche quando per i più svariati motivi ci si trova in realtà immerso dentro. E’ quello che, in modo brillantemente programmatico, ha deciso di non fare Francesco Piccolo, che nel suo L’Italia spensierata, un piccolo gioiello di 182 pagine, è invece sceso in campo, usando sì uno sguardo acuto e mai banale, che evidentemente gli è proprio per la sua attività di giornalista, scrittore e sceneggiatore per il cinema, ma entrando in prima persona e senza pregiudizi in quelle situazioni che normalmente consideriamo appunto con snobismo. Di che situazioni stiamo parlando? E’ presto detto: far parte del pubblico di Domenica In, passare il week-end di Pasqua negli autogrill della Roma-Napoli, andare il 26 dicembre nel cinema più affollato di Roma a vedere Natale a Miami, passare una giornata con due bambine a Mirabilandia, perdersi fra la folla notturna della “Notte bianca” romana. Ciò che rende davvero interessante, e anche piacevole, il racconto è appunto la posizione assunta dal narratore. Non quella di chi si insinua, quasi come una spia, e mantiene un atteggiamento distaccato utile solo a giudicare e magari a fare facili ironie sul “gregge” o sulla stupidità delle masse votate al divertimento costruito dal mercato, ma quella di chi partecipa proprio per esserne partecipe, per comprendere, per capire i meccanismi, e per stupirsene insieme agli altri, per divertirsi insieme agli altri (se ci si riesce), per indignarsi insieme agli altri quando qualcosa non funziona.

Quello che ne viene fuori è difficilmente descrivibile. Si scorrono le pagine nella costante e quasi schizofrenica contemporaneità fra l’ilarità più sfrenata e la disperazione più cupa. Si potrebbe leggere l’intero libretto ridendo dalla prima all’ultima parola, continuando contemporaneamente tutto il tempo a sbattere la testa al muro per la desolazione di ciò che i racconti svelano, descrivono, evocano. Piccolo ci racconta cose che conosciamo tutti benissimo, e se non le abbiamo vissute in prima persona le sappiamo ugualmente, le immaginiamo, le abbiamo sempre intuite. Quello che accade però è che il suo sguardo è così lineare, non omissivo, e in alcuni momenti così disarmante da portare allo scoperto anche noi stessi, da riuscire a non fornirci mai completamente l’alibi che ci permetterebbe di restarne fuori, ma scoprendo, insieme ai meccanismi che descrive, anche la nostra, se non colpevolezza, quantomeno complicità.

Alla fine la lettura diventa essa stessa una delle esperienze che ci racconta, ed ha l’intelligenza di non tentare nessuna morale, ma di lasciare a noi la riflessione, quella che vogliamo e che sentiamo alla nostra portata, su ciò che ci ha raccontato e sulla posizione che noi ci sentiamo di avere rispetto agli eventi narrati.

Aggiungiamo a tutto questo che Francesco Piccolo scrive in modo davvero delizioso, riuscendo in alcuni momenti a farci faticare quanto lui ha faticato nel fare le cose che racconta, facendoci arrivare alla fine dei capitoli stremati dall’ansia o dall’inadeguatezza o perfino dalla fatica di chiederci continuamente se dobbiamo ridere o piangere.

Il consiglio quindi è di imbottire il muro e poi mettersi a leggere, perché - a parte le capocciate che ci si trova a dare alla parete - ci si diverte davvero tantissimo.

 

F. Piccolo, L’Italia spensierata
Contromano, Laterza, 2007

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