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Diciotto curve

di Alessandro Borgogno - 12/1/2006

Alessandro Baricco non sa soltanto scrivere. Sa raccontare.

Ad esempio la storia di un uomo, che comincia come la storia di un ragazzo, che comincia ancora prima con la storia di una corsa automobilistica da Parigi a Madrid, che poi prosegue nell’inferno di Caporetto in mezzo e soprattutto dietro alle trincee, e poi gira per le strade americane montando e smontando pianoforti e corrompendo famiglie, attraversa una strada di campagna fra i platani mentre passa la mille miglia e poi atterra e decolla da una pista destinata a diventare un circuito automobilistico con diciotto curve, né una di più né una di meno, costruito per una sola automobile e una sola corsa che vale tutta una vita, anzi che racconta tutta una vita, anzi che te la fa vivere.

Se non si è capito, sto praticamente dicendo che il suo racconto è irraccontabile. Per fortuna. Perché se così non fosse non sarebbe Baricco, e soprattutto il Baricco migliore, cioè proprio quello che sa raccontare.

E una delle cose che gli vengono meglio è proprio prenderti per mano e guidarti lungo linee e sentieri che non immagini, che non riesci a prevedere, e che soprattutto non hai neanche voglia di prevedere. Nella maggioranza dei casi parte da una situazione, da un argomento o da un personaggio che neanche ti interessa più di tanto, ma se ti prende la mano non te la molla più, e finisci per farti guidare dove vuole lui, senza protestare e senza aspettarti più nulla se non vedere dove ti conduce e scoprire dove ti porterà. E finisce poi per raccontarti cose interessanti in modo interessante.

Questo sì che è raccontare.

A me Baricco fa tornare spesso in mente il gondoliere di Morte a Venezia di Thomas Mann. E chissà se il paragone a lui piacerebbe tanto, poco o per niente (oddio, difficile, visto che è stato spesso identificato con un Caronte che traghetta il protagonista, il professor Gustav Von Aschenbach, verso il regno dei morti). Fatto sta che quel gondoliere, indisciplinato e senza licenza, va dove vuole lui e non dove vorrebbe il professore, e dopo qualche lieve e in fondo poco convinta protesta a cui si sente rispondere in modo sfacciato e imperturbabile “Io la guido bene”, molto rapidamente anche il viaggiatore si rilassa, si accomoda nella gondola e pensa fra sé… “Ma sì… hai ragione, tu mi guidi bene…”.

 

La frase:

“Non sono sicura di sapere chi è Fangio.”

“Non lo dica nemmeno per scherzo.”

 

A. Baricco, Questa storia
Fandango Libri – Roma, 2005

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