libri

 

Il libro immobile

di Ilaria Scala - 27/3/2005

Ho letto Dimmi di Mary Robison, 30 racconti della cinquantaseienne scrittrice di Washington, acclamata esponente del minimalismo.

Ho sempre letto minimalisti, senza farci troppo caso. Però un conto è raccontare il valore delle piccole cose. Un conto è descrivere cose piccole e banali come dovessero aver valore solo perché le si sta descrivendo.

A parte qualche vivida eccezione ("Guida per principianti all'uso della notte", "Padre, Nonno", "Ghiaccio carino", "Per davvero"), i racconti della Robison non mi hanno convinto per questo: immobili come fotografie mal riuscite, non coinvolgono, non catturano, non offrono nessun buon motivo per farsi leggere fino in fondo. Non hanno l'immediatezza di Carver, per cui la cristallizzazione degli attimi banali della vita assurge a ritratto della vita stessa, in senso quasi comico; non hanno la profondità della Munro, che forse è minimalista anche lei, ma sa descrivere la mediocrità e il cinismo della psicologia femminile così bene da farci immedesimare anche nelle vicende più sgradevoli e apparentemente insulse.

I personaggi della Robison sembrano burattini senz'anima e senza direzione, inquadrati per attimi troppo brevi per far scattare empatia o curiosità per la loro sorte.

Non ce ne voglia l'amico Mario (Fillioley), che questi racconti li ha tradotti con spirito e dedizione. Il suo spirito non è bastato, evidentemente, a farci scoprire lo spirito dell'autrice, ammesso che ce ne fosse.

 

M. Robison, Dimmi
trad. di M. Fillioley
minimumfax, Collana Minimum Classics, Roma 2004

Tutti i libri