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Confine inafferrabile

di Alessandro Borgogno - 1/1/2005

Ultimo libro letto: Joseph Conrad - La linea d’ombra.

Non proprio una primizia, direte voi, ma per fortuna ci sono libri che possono rivelarsi in qualsiasi momento una scoperta.

Questo è uno di quelli.

E il bello è che non si riesce mica a spiegare bene perché (sospetto fortemente che la loro forza risieda proprio in questo).

Al di là del fatto che leggerlo proprio quando nella linea d’ombra ci si è immersi, come è il mio caso, sicuramente fa un maggiore effetto.

Però non credo sia solo quello, è proprio la storia che penetra e affascina, e senza nessuna intenzione di entusiasmare.

Deve essere proprio il modo di raccontare.

E poi il fatto che il grande avvenimento della storia, il motore vero che fa avanzare i fatti sia proprio la mancanza di un vero avvenimento e di un vero motore. L’immobilità. Questo riuscire a trasmettere la sensazione che la vera calamità che sembra sempre inevitabile nelle storie di mare in questo caso non è il tifone, la balena bianca, il naufragio o la tempesta, ma proprio l’assenza di tutte queste cose, e nessun altra a sostituirle.

Conrad non è nuovo alla sottrazione, per quanto ne so. Ricordo sempre che la cosa che più mi ha sorpreso (e anche esaltato) leggendo Cuore di tenebra (fino ad ora credo una delle letture più straordinarie che mi siano capitate), è stato proprio il modo di raccontare assolutamente spiazzante. Non so bene come spiegarlo, ma se in quel racconto ci sono avvenimenti fondamentali, e ce ne sono, questi non vengono mai raccontati direttamente. Vengono anticipati, a volte, avvertendoti già prima che a un certo punto succederà quella tal cosa, e poi di colpo ti vengono raccontati al passato, perché nel frattempo sono già avvenuti, ma il momento cruciale in cui avvengono davvero non ti viene raccontato. Così, sottratto, rubato quasi.

Credo sia una cosa difficilissima da fare. Non mi è capitato mai di incontrarla nella lettura applicata in modo così sistematico e disorientante.

Nella “Linea d’ombra” invece è come se Conrad si fosse impegnato a fare esattamente l’opposto. E’ come se il presente si dilatasse per quasi tutto il racconto, ma non perché il tempo stia fermo, tutt’altro, ma perché la sospensione degli avvenimenti e la mancanza di passi avanti si prolunga fino a diventare il vero cuore della storia, e il vero motore, appunto, di tutti gli accadimenti precedenti e successivi.

Inevitabile anche il confronto con Moby Dick e con un altrettanto straordinario momento di “bonaccia”, nel mezzo dell’oceano indiano, che dura un paio di capitoli.

In quel caso però si sa che l’attesa prima o poi verrà spezzata dall’arrivo del motore unico e inarrivabile di una storia altrettanto unica e inarrivabile. In quel caso la calma piatta che avvolge il veliero è purissima suspense, un’attesa di una tensione quasi insopportabile.

Qui invece non c’è l’attesa di un evento particolare, c’è solo l’attesa di un qualcosa, qualunque cosa sia, purché muova in qualche modo le acque ferme e l’aria immobile.

Penso che nel momento in cui riesci a raccontare in questo modo una cosa così, farla poi diventare anche una metafora così semplice (e anche sintetica: il romanzo è breve, forse appena appena un racconto lungo) del momento di passaggio fra l’età giovane e l’età adulta che a un certo punto arriva per tutti, il confine inafferrabile che separa il ragazzo dall’uomo… be' quella credo proprio che sia una di quelle cose che si spiegano solo con il genio.

Altra definizione inafferrabile, il genio, e forse anche uno dei motivi per cui effettivamente penso che Conrad lo sia.  

J. Conrad, Linea d'ombra
Bompiani, Collana I grandi tascabili, Bologna 2001

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