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Lo tsunami in salotto

di Ilaria Scala - 4/1/2005

Scrive Beppe Severgnini sul Corriere della Sera del 30/12/2004:

«Purtroppo non eviteremo un altro tsunami perché abbiamo osservato file di cadaveri sulla spiaggia di Khao Lak; ma saremo più preparati. Non sconfiggeremo il terrorismo perché abbiamo visto di cosa sono capaci i terroristi; ma da quelle immagini è iniziata la loro sconfitta. Molte cose terribili sono accadute nel mondo perché nessun vedeva: pensate ai lager, ai gulag, al genocidio armeno, al trattamento dei curdi iracheni, alle sparizioni argentine, ai "killing fields" cambogiani, a tante tragedie africane. Vedere vuol dire non aver più scuse per non sapere. Per questo delle guerre moderne ci viene mostrato così poco. Perché un missile è uno tsunami di fuoco. Perché se vedessimo cosa lascia sul terreno - se guardassimo quei corpi squarciati - diremmo: "Mai più."»

L'articolo sostiene che la visibilità dell'orrore contribuirà a sconfiggere l'orrore stesso, semplicemente perchè vederlo accadere con i nostri occhi ci impedirà di nascondere la testa sotto la sabbia.

Purtroppo, questa volta non sono d'accordo (di solito lo sono, con ciò che scrive Severgnini).

Purtroppo, caro Severgnini, oggi vedere l'orrore non ci aiuta ad inorridire, anzi, aumenta la nostra resistenza ad esso. Rappresentare la violenza, il dolore e la morte negli stessi ambiti della fiction e del varietà non sta ridicolizzando la fiction e il varietà, bensì sta assimilando la realtà alla finzione.

Non ci crediamo più, ecco.

Se non ora, tra 10 o 20 anni non ci crederemo più, a quello che ci viene mostrato per prenderci a pugni lo stomaco. Non ci crederemo più perchè non avremo le energie per resistere a tutti i pugni che riceviamo ogni giorno, e cercheremo di risparmiarle per ciò che ci riguarda direttamente, e più da vicino (una prova? Perchè in una tragedia di proporzioni immani come quella del Sud-Est Asiatico continuiamo a contare i "connazionali dispersi"? Che senso ha parlare di dispersi "Italiani", e di scrivere quel numero in cima a tutto e più grosso degli altri numeri tanto più spaventosi, se non quello di porre l'accento su ciò che è più vicino alle nostre vite - e che, quindi, ci interessa di più?)

Lei pensa, caro Severgnini, che riusciremmo a restarcene seduti in salotto, al di qua della televisione, se davvero credessimo a quello che ci succede dentro?

 

Per leggere l'articolo di Beppe Severgnini: http://www.corriere.it/solferino/severgnini/04-12-30/01.spm 

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