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Oliver Stone inaspettato

di Ilaria Scala - 7/6/2011

C’è un che di etico, da parte di Oliver Stone, nell’aver voluto girare il seguito del suo Wall Street. Il mitico film espressione della mitica finanza newyorkese degli anni Ottanta, con un Michael Douglas diabolico cultore dei Soldi per i Soldi, infine sconfitto dalla giustizia, forse dalla moralità di un Charlie Sheen che a quell’etica sgangherata preferisce dire di no.

C’è un che di etico, nell’aver voluto registrare la crisi del 2008 e dire una parola anche su quella, nell’aver voluto riprendere i personaggi inventati allora (la prima “versione” è del 1987) e raccontarci come sono diventati, come sono cresciuti, cosa è successo nel frattempo e soprattutto come si evolvono ulteriormente alla luce della Seconda Grande Depressione d’America. Quella che, facili ottimismi a parte, forse stiamo ancora vivendo.

Ecco perché Wall Street – Money never sleeps. Il sequel, uscito nel 2010. A soli 2 anni dal crollo di tutte le borse, prima che gli USA e il resto del mondo abbiano finito di leccarsi le ferite, ecco un’opera di intrattenimento puro, avvincente drammatica e patinata, e nello stesso tempo storica, benché girata “a caldo”, e del tutto necessaria.

Michael Douglas-Gordon Gekko torna in scena dopo 8 anni di carcere. Siamo giustappunto nel 2008. È solo, abbandonato dalla moglie e dalla figlia che non vogliono saperne di lui, dopo che il figlio – presumibilmente per il dispiacere – è morto nell’abisso della droga qualche anno prima. Gekko è roso dalla voglia di riscatto. Vuole riprendersi quello che ha perso: soldi, potere, gli affetti familiari. Nel frattempo tutto è cambiato, non solo le dimensioni dei telefoni cellulari. Wall Street è diventata la piazza dove basta una voce messa in giro “ad arte” per distruggere industrie e banche d’affari. Dove l’economia reale è sempre più subordinata ai giochi finanziari, che chiamarli giochi è sempre meno opportuno, visto che spostando capitali sbilanciano bilanci e rovinano vite e famiglie.

I riflettori del plot sono puntati su un neo-rampante, Shia LaBeouf, non casualmente eterno fidanzato della figlia che Gekko tenta di riconquistare. Il giovane protagonista oscilla tra la smania del guadagno facile, a cui lo hanno abituato i suoi primi anni di lavoro a suon di brillantissimi bonus, e gli ideali della famiglia (con la fidanzata redattrice di un blog eco-solidale) e dell’economia reale (sostiene un’azienda impegnata nella ricerca di fonti sperimentali di energia).

Il corto circuito tra la crisi del 2008, il fallimento dei sogni di gloria, le trame di Gekko alla ricerca di rivalsa, produrrà effetti a catena devastanti. Ma la morale è sempre quella: le persone in gamba con la giusta dose di determinazione sapranno risollevarsi, i buoni sentimenti vinceranno, ché tanto solo quelli contano (ma sarà poi vero?).

Il film è un perfetto ritratto di un’epoca, appassiona con la sua sceneggiatura a orologeria, ridisegna una New York più dimessa e senza Torri, fa riflettere sul latte versato, commuove con un finale forse fin troppo consolatorio che non siamo in grado di biasimare fino in fondo. Perché nessuno crede alla redenzione di Michael Douglas, e non ci sorprenderebbe scoprire in un Wall Street 3 che non era vero niente, e che il vecchio leone è tornato a ruggire a danno del prossimo. Però il regista, sui titoli di coda, sembra quasi crederci, e questo da Oliver Stone non ce lo saremmo mai aspettato.

 

Wall Street – Il denaro non dorme mai, di O. Stone,
con M. Douglas, S. LaBeouf, J. Brolin, C. Mulligan, S. Sarandon, F. Langella, E. Wallach
USA 2010

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