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Luoghi comuni dentro e fuori di Ilaria Scala - 3/11/2010 Benvenuti al Sud è un’esaltazione dei luoghi comuni, fuori e dentro il film. Dentro il film per via della trama: un direttore di ufficio postale lombardo tenta di farsi trasferire da Usmate a Milano in tutti i modi, anche quelli più scorretti; smascherato, viene trasferito per punizione nella provincia campana; parte intriso dei luoghi comuni anti-meridionalisti (inefficienza-disordine-sporcizia-criminalità organizzata e non), tornerà a casa due anni dopo convertito ai luoghi comuni pro-meridione (sole-mare-calore-generosità), e tutti vissero felici e contenti. Luoghi comuni dentro il film, per via della regia che li sottolinea volutamente, contrapponendo le rigide nebbie dell’hinterland al sole della costiera amalfitana, e la diffidenza della perfida “loggia del gorgonzola” verso i “terroni” al disprezzo della massaia campana per lo strano formaggio venuto dal Nord, e non risparmiando al pubblico nessuna ovvietà, anzi crogiolandocisi con soddisfazione. Ma i luoghi comuni sono anche fuori del film, perché “tutto il mondo è paese”: Benvenuti al Sud è il remake del francese Giù al Nord, in cui la traiettoria dei luoghi comuni procedeva in senso inverso (il protagonista veniva trasferito nel freddo nord della Francia); e perché gli attori scelti per la versione italiana, pur discretamente bravi tutti, sono l’emblema della luogocomunesca comicità trendy post-televisiva, a cavallo tra i cinepanettoni e Zelig. A difesa del film, oltre alla brillantezza e alla simpatia dei protagonisti, c’è il fatto che l’estetica del luogo comune appare scelta e consapevole. Il che lo rende, nella sua prevedibilità, un convincente prodottino di consumo. Meglio che niente.
Benvenuti al Sud, di
L. Miniero |