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Un'immagine potente

di Ilaria Scala - 21/09/2010

E' un'immagine potente quella che chiude Lo spazio bianco di Francesca Comencini.

E' un'immagine potente che non racconteremo, per non rovinarvi il gusto di guardare il film.

Ma è talmente potente, e talmente immagine, che sorge spontanea la curiosità di sapere se anche il romanzo di Valeria Parrella da cui il film è tratto si conclude con una scena analoga, e se l'immagine "scritta" riesce a raggiungere la stessa potenza.

A questa domanda si accompagna la solita riflessione sul rapporto tra cinema e letteratura, ovvero su come sia possibile "tradurre" un linguaggio in un altro senza "tradire" l'opera che è nata prima, 9 volte su 10 un libro.

In questo caso, non avendo letto il romanzo di Parrella, possiamo recensire soltanto il film, che racconta la storia di una donna sola over 40, insegnante alle scuole serali, interpretata con le consuete partecipazione e misura da Margherita Buy, che rimane casualmente incinta e decide di portare a termine la gravidanza, ma non ci riesce: la bambina nasce al sesto mese, e per tre mesi è sospesa tra la vita e la non-vita in un'incubatrice, insieme ad altri piccoli non-nati come lei.

Nel film non c'è altro che l'attesa: l'attesa della Mamma fuori dell'incubatrice, in una posizione così innaturale da farle dubitare della sua natura di madre e di donna; l'attesa dei suoi allievi per l'esame di maturità; l'attesa della bambina per decidere se nascere oppure no. E colori chiari, Napoli assolata, discreta musica jazz, sensazioni, ricordi, sguardi, e poco altro. Ma in quel poco c'è tutto.

E un'immagine potente che da sola vale tutto il film, e che lo trasforma in un'opera unica e preziosa "in sé", non solo in quanto "figlia" di un libro. Nell'attesa di leggerlo, questo per ora ci basta.

 

Lo spazio bianco, di F. Comencini
con M. Buy, G. Caprino
Italia 2010

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