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Sherlock Holmes, l’immortale

di Alessandro Borgogno - 15/1/2010

Mettere mano ai capolavori di Sir Arthur Conan Doyle per portarli sullo schermo è sempre un grosso rischio. E quindi onore a chi decide di affrontarlo. Si aggiunga che il regista Guy Ritchie, in questa nuova ed ennesima trasfigurazione cinematografica dell’immortale detective dilettante di Baker Street, ci mette sufficiente coraggio e adeguata spregiudicatezza. Lo sforzo è encomiabile, tanto più che nel rendere più moderne e scoppiettanti le avventure investigative di Holmes e Watson si sforza comunque di non tradire mai completamente i canoni fissati dal grande scrittore inglese.

L’equilibro è difficile e precario, ma alla fine tutta l’operazione funziona.

Si tratta pur sempre di un baraccone Hollywodiano, superficiale e fracassone al punto giusto, ma di sicuro quel tanto superiore alla media da permettere allo spettatore di uscire dal cinema dopo due ore di spettacolo godibile.

Efficacissimi e ben affiatati Robert Downey jr. e Jude Law, rispettivamente Holmes e Watson, quest’ultimo elevato da semplice spalla al rango di interlocutore intellettualmente all’altezza del grande detective, intervento che permette alcuni duetti ironici e ben calibrati.

Per chi conosce bene il canone Holmesiano (vedi il sottoscritto) ma non è un rigido integralista (vedi sempre il sottoscritto), il copione più che inventare o trasgredire i precetti della pagina scritta ne esalta in modo a volte iperbolico alcuni aspetti comunque presenti (l’attitudine all’azione dei due protagonisti, la passione di Holmes per la boxe, la gelosia quasi omosessuale fra i due) e reinterpreta in modo più contemporaneo ma tutto sommato rispettoso alcuni personaggi autentici della saga (L’ispettore Lestrade, il professor Moriarty e soprattutto Irene Adler, l’unica donna che abbia in qualche modo affascinato il misogino Sherlock) nonché alcuni dei suoi temi più noti agli appassionati (il matrimonio di Watson, gli intrighi della massoneria deviata, gli intrecci fra crimine e ambienti politici inglesi).

Insomma uno spettacolo leggero ma altamente professionale, con attori in forma e pronti a rispondere al gioco, scenografie (gran parte computerizzate) adeguatamente gotiche e qualche buona idea di linguaggio in alcune scene d’azione.

E soprattutto, per chi ama l’originale e le sottotrame (vedi ancora il sottoscritto), un meccanismo che nel far entrare Holmes in contatto con l’occulto e il soprannaturale, addirittura nel campo dell’immortalità del corpo, e nel riportare poi giustamente (e quasi didatticamente) le soluzioni alla massima razionalità tipica del grande genio londinese, riesce ancora una volta a ribadire la vera e unica immortalità possibile, che è proprio quella del geniale personaggio creato dall’ancor più geniale Sir Arthur. 

 

Sherlock Holmes , di G. Ritchie
con R. Downey Jr., J. Law, R. McAdams
USA 2009

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