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Un capolavoro di cattiveria

di Ilaria Scala - 4/11/2009

Pupi Avati è regista di sentimenti, di introspezione e delicatezza, a volte anche di memorie e nostalgia. Tutt'altro che buonista, però. Anzi, la sua lunga filmografia, costellata di drammi e commedie con incursioni nel thriller e nell'epopea medievale, è percorsa da una vena di cinismo e cattiveria che non risparmia neanche le sue opere più romantiche.

Il Papà di Giovanna è uno dei suoi film recenti in cui questa vena è meno sotterranea e più esplicita, e in cui il ritratto della Bologna fascista (e poi in guerra, e poi resistente) fa da sfondo ad una storia familiare di tragicità desolante: la diciassettenne Giovanna (Alba Rohrwacher), troppo sensibile e intelligente per sentirsi a suo agio con i ragazzi della sua età, idolatrata dal padre (Silvio Orlando) e incompresa dalla madre (Francesca Neri), uccide per gelosia una compagna di scuola. Ne conseguono lo scandalo, il processo, la condanna ad un manicomio che scoraggia qualunque velleità di redenzione, e che anzi incoraggia la resa alla malattia mentale.

Il padre sacrifica professione, matrimonio e vita alla protezione della figlia, impegnandosi in un'utopistica attività di recupero e abbandonato da tutto e da tutti, anche dalla moglie che - consenziente il marito - fugge con il gerarca-vicino di casa Ezio Greggio da sempre innamorato di lei.

Il film racconta una doppia ossessione: quella di Giovanna in preda alla sua lucida follia, e quella di suo padre che tenta di salvarla da se stessa, con l'abnegazione cieca di cui solo un genitore è capace. Il regista, sorretto dall'ottimo cast (su tutti, Silvio Orlando in stato di grazia), conduce la storia verso un improbabile (e proprio per questo credibile) fine quasi lieto, lasciando tempo al tempo di curare le ferite curabili. E firma l'ennesimo capolavoro.

 

Il Papà di Giovanna, di P. Avati
con S. Orlando, A. Rohrwacher, F. Neri, E. Greggio, S. Grandi
Italia 2008

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