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Sorrisi amari sulla famiglia italiana

di Ilaria Scala - 28/4/2008

Nel suo nuovo Non pensarci, Gianni Zanasi ci racconta la provincia romagnola (operosa? stanca? rassegnata?), vista con gli occhi di uno che se n'era andato, il Mastandrea rockettaro e idealista trapiantato a Roma per non dover mandare avanti la fabbrichetta del padre, e per non trascorrere le serate nel pub finto-irlandese: sempre le stesse facce, sempre gli stessi discorsi.

In un momento di crisi, il figliol prodigo torna a casa, sperando di trovare rifugio nel nido, e trovandosi invece a fare i conti con i problemi di chi è rimasto: il fratello Giuseppe Battiston sull'orlo del fallimento (del matrimonio e dell'impresa di famiglia), la sorella Anita Caprioli infantile e inconcludente guardiana di delfini, il padre pensionato annoiato e distratto (ma lo sarà poi davvero?), la madre frustrata in cerca di esoteriche emozioni; e i vecchi amici esauriti, delusi, dispersi.

Zanasi conferma il suo stile frammentario e impressionista: con poche pennellate (inquadrature, battute, silenzi, canzoni) riesce a dipingere storie, caratteri e situazioni che, visti da lontano, si compongono in un panorama sfumato e suggestivo: quello di un microcosmo umano rumoroso e disperato, in cui le relazioni familiari sono elastiche (più le tiri per allontanarti più vieni risospinto addosso agli altri) e l'unico modo per salvarsene non è fuggire, bensì imparare ad ascoltare, e a fidarsi un po' di più.

Ecco, paragonando Non pensarci all'imparagonabile Onora il padre e la madre, viene spontaneo considerare i due diversi modi di raccontare la famiglia. Diverse le premesse, diverso il genere, diversa la trama; ma se nel film di Lumet l'aridità morale sfociava in una sequela di atrocità e violenze difficile da inserire in un contesto quotidiano e da usare come spunto di riflessione, in questo di Zanasi la perdita di valori non è né meno desolante né meno profonda, ma rischia di essere più credibile perchè nessuno si sporca di sangue o si fa male, ma il dolore morale è ancor più sottile e vero, e non lascia scampo. E anche i sorrisi che strappa, questa che tutto - dopo tutto - va chiamata commedia, sono tutt'altro che sereni, anzi son ghigni d'amarezza.

 

Non pensarci, di G. Zanasi
con V. Mastandrea, G. Battiston, A. Caprioli, C. Murino, P. Briguglia
Italia 2008

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