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Il dolore dell'assenza e l'assenza del dolore

di Alessandro Borgogno - 9/3/2008

Non avendo letto il libro (sarò uno dei pochi?) ho almeno la fortuna di poter giudicare Caos Calmo esclusivamente come film.

Ed è un buon film.

Non privo di difetti e di qualche passaggio faticoso, però nel complesso un buon film.

Di certo gran parte del merito all’idea originale, un modo intelligente e non chiassoso di narrare i problemi di elaborazione di un lutto, e anche, se non soprattutto, della possibilità di smettere di correre dietro al mondo che corre, ché forse può anche accadere che a quel punto sia il mondo a rallentare per mettersi al nostro passo.

Per chi ancora non conoscesse il nucleo narrativo del film, accade che il protagonista, professionista affermato, a seguito della morte improvvisa della moglie, decide di passare le sue mattinate in strada, fuori della scuola della sua bambina, in attesa della sua uscita. Facendo questo, cioè non facendo praticamente più nulla di “pratico”, raduna attorno a sé un’umanità che, quasi con la scusa di venire a consolarlo dal suo dolore, in realtà finisce per riversare su di lui le proprie angosce, i propri problemi e le proprie frustrazioni, tutti molto più egoisti di quanto non sia in realtà lui, solo apparentemente incapace di esprimere davvero il dolore della perdita. La storia diventa così una sorta di racconto delle assenze. L’assenza della persona scomparsa, mai davvero evocata e perciò quasi inconsistente. L’assenza del dolore che non riesce mai davvero ad arrivare. L’assenza del normale ritmo frenetico della vita quotidiana. L’assenza di una scansione temporale precisa che non sia l’entrata e l’uscita dalla scuola. Persino l’assenza di vere emozioni, quasi forzate ogni volta ad esprimersi in continui abbracci, dal primo pericoloso e quasi mortale (in acqua durante il salvataggio della sconosciuta) fino all’ultimo finalmente vitale e liberatorio dell’atto sessuale (nella ormai fin troppo citata scena, forse appena troppo lunga), attraverso la serie quasi infinita di abbracci convenzionali e rituali di tutti i personaggi che passano a trovare il protagonista durante le sue ore di attesa fuori dalla scuola.

Un tema e uno svolgimento non particolarmente “cinematografici” quindi, che il film affronta e risolve con una ambientazione azzeccata (una piazza con giardinetti abbastanza anonimi dell’Aventino a Roma, perfino poeticizzata nel finale in modo molto Truffautiano con una sbiancata di neve purificatrice) e un cast assolutamente indovinato anche nelle parti minori.

Totalmente in parte Nanni Moretti, attore sempre più bravo di quel che sembra e di quanto si pensi di solito, che regala al personaggio di Pietro Paladini alcuni dei suoi classici toni distaccati e paranoici, e al tempo stesso lo arricchisce con notazioni e sguardi più dolci e più “umani” del solito. Efficaci gli altri attori, da una Valeria Golino nevrotica e depressa ad un Alessandro Gassman un po’ cialtrone che però riesce a dare autenticità al rapporto fra fratelli, a Silvio Orlando che ripete un po’ il suo personaggio classico, però senza strafare. Forse un po’ sottotono proprio Isabella Ferrari, centrata nel fisico da donna matura ma ancora affascinante, un po’ meno come spessore psicologico (in questo non aiutata dal poco tempo a disposizione per sviluppare il personaggio).

Come veri difetti c’è da segnalare qualche passaggio di sceneggiatura un po’ troppo superficiale o tendente a dare troppo per scontati alcuni meccanismi da cui nascono conseguenze anche importanti (in questo probabilmente qualche presunzione di troppo nella conoscenza del libro che finisce per diventare un debito non saldato nei confronti della pagina scritta), e qualche momento non brillantissimo e un po’ scontato da parte della regia di Grimaldi (tutto l’inizio sulla spiaggia, salvataggio compreso, fino al dolly al cimitero al termine del funerale, e anche la tanto chiacchierata scena di sesso).

In compenso, anche qualche momento di cinema vero, sincero ed efficace. Sicuramente il sottofinale con la neve e anche la stessa inquadratura del finale su cui scorrono i titoli, e soprattutto un magnifico momento di “caos calmo” alla prima uscita di scuola, con l’arrivo quasi contemporaneo (letteralmente “l’entrata in scena”) di tutti i genitori e degli altri attori della quotidiana rappresentazione del rituale ricongiungimento familiare.

Complessivamente promosso indipendentemente dal libro, quindi, e questo è un merito non da poco, e in ogni caso un film che potrebbe ispirare e stimolare anche a distanza di qualche tempo riflessioni più profonde e meno banali di quanto forse non riesca a fare subito dopo la visione.

 

Caos Calmo, di Antonello Grimaldi
con N. Moretti, B. Yoshimi, A. Gassman, V. Golino, I. Ferrari, S. Orlando
Italia 2008

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