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Finale socchiuso di un'avventura culinaria

di Ilaria Scala - 29/1/2008

Cous Cous, film del tunisino Abdel Kechiche acclamato all'ultima Mostra di Venezia, racconta l'avventura di Slimane, un disoccupato magrebino emigrato a Séte (nel Sud della Francia), che tenta di realizzare il sogno di aprire un ristorante su un vecchio barcone in disuso. Specialità della casa: il cous cous di pesce, a base di - come nel titolo originale - "graine" (semola) e "mulet" (muggine). Si tratta del piatto tipico tunisino, simbolo dell'orgoglio e della nostalgia per il Paese lasciato due generazioni fa: l'ex moglie di Slimane lo cucina in modo superiore, e per anni ha usato la ricetta tradizionale per riunire intorno alla tavola della domenica la sua numerosa famiglia.

Nell'avventura del ristorante, ciascuno fa la sua parte: il padrone di casa cerca il suo riscatto familiare conducendo l'impresa e rimettendo a nuovo la barca, la cuoca cucina aiutata dalle figlie femmine, i figli maschi trasportano per la città gli ingredienti e le pietanze caricati nel bagagliaio, gli amici più giovani servono a tavola, alcuni dei più anziani si tirano a lucido per intrattenere gli ospiti suonando musica tunisina con un'orchestrina improvvisata, l'adolescente figlia della nuova compagna di Slimane prima lo incoraggia e lo accompagna a sbrigare le incombenze burocratiche, infine si riscatta davanti alle sorellastre gelose con una trovata vincente che salva il risultato.

Nelle abbondanti due ore e mezza di film, si consumano slanci d'affetto, invidie, tradimenti, complicità, vendette e ironia familiare, a ritmo lento e a tratti esasperante, vero segno distintivo dell'opera: grazie al montaggio dinamico scelto da Kechiche, ogni inquadratura  insegue la successiva moltiplicando i punti di vista e catapultando lo spettatore dentro la scena. Il regista ha il coraggio di raccontare una storia di rapporti sfumati e complessi senza sintetizzare i dialoghi, anzi ampliandoli e ridondandoli per aumentarne l'eco e l'effetto. Ci sono personaggi che non parlano mai (il protagonista su tutti), e altri - specie le donne - che parlano e straparlano senza mai interrompersi, anzi sovrappongono le voci, dibattono ridono piangono e litigano in scene corali di grande efficacia, realistiche come un documentario in presa diretta, con le ripetizioni i silenzi e i tempi morti della vita vera.

Un film di donne, uomini e solidarietà, forte della spontaneità e degli sguardi di interpreti non professionisti, con un finale aperto, o forse socchiuso, visti i presagi delle ultime scene. Un film che fa pensare che possano ancora esistere modi diversi e anticonvenzionali di fare cinema.

 

Cous Cous [La graine et le mulet], di A. Kechiche
con H. Boufares, H. Herzi, F. Benkhetache, A. Aktouche, B. Marzouk
Francia 2007

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