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Lezione di attenzione per non farsi fregare

di Ilaria Scala - 23/1/2008

Qualcuno ha definito Leoni per agnelli un film intelligente. Io lo definirei, di più, una lezione di attenzione. Un invito ad ascoltare ed interpretare i segnali, i fatti, le situazioni, forse la cronaca, magari la storia.

E' un film a tesi, senza dubbio. La tesi è che il governo degli USA ci sta fregando (sta fregando gli Americani, si dovrebbe semplicisticamente dire; ma sarebbe più esatto dire che sta fregando i Cittadini Statunitensi, concetto più preciso e ristretto; e noi tutti, concetto più ampio ed efficace).

E' un film parlato, con poca azione e tanto dialogo. Racconta tre storie parallele, montate in ordinata alternanza: l'intervista della giornalista Meryl Streep al senatore repubblicano Tom Cruise, che l'ha convocata perchè ella funga da megafono propagandistico alla sua nuova strategia militare in Afghanistan; il colloquio tra uno studente promettente e distratto e il suo prof. di scienze politiche Robert Redford, che, con il pretesto di scuotere l'allievo dall'apatia scolastica e indurlo all'azione, teorizza la tesi del film; e infine la disavventura di due soldati in Afghanistan, ex studenti di Robert Redford, gli unici personaggi veramente impegnati nel "fare" anziché nel "parlare".

Non c'è molto altro, in questo film, a parte i primi piani di tre splendidi attori, tutte facce che dimostrano esattamente l'età che hanno, senza sconti. Le rughe di Meryl Streep rendono ancor più intenso ed espressivo il suo volto un tempo levigato e piatto; e il suo sguardo, le sue esitazioni, i suoi movimenti impacciati costruiscono un personaggio pieno di dubbi e sfumature, tutt'altro che innocente, anzi ben lontano dalla rappresentazione rampante e infallibile che di solito Hollywood dà della stampa USA. Le rughe di Robert Redford sono ormai il suo marchio di fabbrica; connotano - da anni - il senso politico della sua opera, qui esposto in modo lineare come una lezione universitaria; stanno a significare, quelle rughe, che il biondino è cresciuto in saggezza e consapevolezza, e che non si farà fregare facilmente. Le rughe di Tom Cruise - oddio, quasi inesistenti, ancora, ben meno marcate, quasi impercettibili - segnano lo sguardo d'oro di Hollywood, e alimentano il fascino, per quanto negativo, di un personaggio che incarna il ruolo ambiguo e scomodo degli Stati Uniti nel mondo: il ruolo della potenza che si è arrogata il diritto di decidere equilibri economici e politici, e si è presa la responsabilità di determinare il destino di popoli e paesi con azioni spesso non richieste e pretesti spesso discutibili, in nome della Democrazia.

Rughe che significano esitazione, consapevolezza, ambiguità: sintetizzate in un'insicurezza che in questo periodo popola le coscienze dei Cittadini USA, visto che emerge non soltanto nelle opere indipendenti e dissidenti della controcultura, ma anche, e sempre di più, nelle voci ben più stentoree della Hollywood che conta (si veda, in questi giorni sui nostri schermi, l'ancor più amaro Nella valle di Elah): quella delle star e dei blockbuster che esportano in tutto il mondo l'immagine che gli USA vogliono dare di se stessi.

L'immagine di gente che da anni tenta di fregarci ostentando certezze. Ma che adesso, invece, sembra piena di dubbi.

 

Leoni per agnelli, di R. Redford
con T. Cruise, R. Redford, M. Streep
USA 2007

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