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Il Sergio Leone di Hong Kong

di Armando Cereoli - 23/10/2007

Johnnie To ha una filmografia che parte dal 1980. La sua scheda su www.imdb.com conta 46 film diretti. Eccezion fatta per gli anni degli esordi, in cui ne ha tirato fuori poco meno di uno per anno, la sua produzione si assesta su una media di tre film annui, con picchi di cinque pellicole dirette nel 1993 e nel 2003. Se da una parte questo prolifico regista di Hong Kong può rappresentare un altro aspetto dell'estenuante ritmo dell'economia cinese, dall'altra si pone come uno dei porta bandiera del miglior cinema orientale, specialmente di quel cinema di genere che pur dovendo molto a diverse tradizioni (anche italiane) ha saputo rimescolare le sue ispirazioni creando un prodotto assolutamente tipico.

Insieme a John Woo, che ha canonizzato l'estetica dell'azione diventando un riferimento stilistico per i registi di oggi, To ha ridefinito le forme del noir, lo ha spogliato dei suoi aspetti pittoreschi per renderlo più terreno, forse anche meno fruibile ma di maggiore impatto emotivo, popolato di personaggi tanto complessi da essere sempre il fulcro della sceneggiatura.

Nondimeno, il cinema di To si distingue nettamente da quello di Woo; non solo ha un linguaggio che per complessità e ricchezza di dettaglio lo pone un gradino sopra al regista di The Killer, ma ha anche la stupefacente capacità di colpire reinventando se stesso. Mentre Woo ha finito col tempo (e con l'influenza di Hollywood) per diventare autoreferenziale, Johnnie To non si è mai adagiato su un marchio di fabbrica, ma anzi ha fatto dell’evoluzione stilistica la sua missione primaria.

Alcune segnalazioni dal poco che il sottoscritto è riuscito a procurarsi.

Breaking News (2005), raccontando la vicenda paradossale di un'azione di polizia seguita interamente dalla televisione, è un'analisi critica dei mass media e della loro capacità di fare della realtà più nera uno spettacolo da seguire istante per istante. L'azione, pur presente e diretta magistralmente, è al servizio della storia e mai il contrario. La scena di apertura del film è destinata a far epoca: la polizia irrompe in un covo di banditi; seguono sparatorie, fughe, carambole. Niente di nuovo? Forse, ma si noti bene: sono oltre cinque minuti di azione raccontati senza stacchi, con un unico piano sequenza che preannuncia quello che è l'essenza stessa del film. To monta la cinepresa sull'elevatore, segue carrellando per la via l'arrivo e l'appostamento degli sbirri, quindi vola in alto, la infila e la sfila dal covo attraverso la finestra, per poi scendere di nuovo in strada e farla muovere tra i fronti della sparatoria. Il tutto è orchestrato con la precisione del maestro che confeziona il capolavoro.

In PTU - Police Tactical Unit (2003), To sviluppa sull'arco temporale di una notte la miserabile vicenda di un poliziotto corrotto e di una pattuglia di ronda che incrocia la sua strada. To circonda i personaggi con una Hong Kong indifferente, permeata di un'atmosfera di solitudine, che alle luci dei lampioni stradali acquista un fascino malinconico. I poliziotti si muovono solitari per le strade della città che dorme nascondendo le loro meschinità nella stessa solitudine che li accompagna. La notte diventa protagonista della storia, non solo una coordinata temporale, ma un palcoscenico che finisce per dare una connotazione teatrale alla messa in scena, con tutto quel che di buono ne deriva. Oltre il noir, semplicemente magistrale.

Election (2005) ha un taglio quasi documentaristico, tanto asettico è il racconto di ciò che per la Cina è un evento di portata epocale: l'elezione del capo supremo della triade non viene raccontata con il dispiegamento di mezzi e di tinte tipico delle storie di mafia. Niente intrighi intestini, lotte sanguinose per il trono né sicari mortalmente efficienti. La designazione del capo di una delle più potenti organizzazioni criminali del mondo avviene con intensi conclavi tenuti nel retro di luridi ristoranti, dove intorno ad un tavolo di formica si siedono a decidere i veri padrini cinesi; uomini malconci, mal vestiti, quasi rassicuranti nel loro apparire terreno ma terribilmente ricchi e potenti. Uno dei film di maggior successo di To, che ne ha fatto anche un degno sequel, mai visto in Italia.

Al festival di Venezia del 2006 il nostro si è presentato con Exiled, storia struggente di una spedizione omicida ai danni di un rinnegato dalla mala che ha deciso di cambiare vita. Acclamato dal pubblico del festival e dalla stampa specializzata che ha inneggiato al capolavoro, non ha riportato né una nomination né una degna distribuzione nelle nostre sale; l'italico snobismo colpisce ancora…

Non sono gli unici oltraggi riservati alla cinematografia di To sul nostro suolo. Il doppiaggio dei suoi film è puntualmente tanto infimo da far rimpiangere la traccia originale cantonese con sottotitoli.

Di tanto in tanto una retrospettiva di qualche festival fuori circuito (come il Far East Film Festival di Udine) tenta di rendergli il giusto riconoscimento, ma sono episodi sporadici, nell'attesa che dopo quasi trent'anni di onorata carriera l'Italia si accorga di lui.
 

Su Youtube:
il trailer di PTU: http://it.youtube.com/watch?v=lC-i-hMfGtw
 il trailer di Breaking News: http://it.youtube.com/watch?v=tU2Nr-ekza8
 il trailer di Exiled: http://it.youtube.com/watch?v=MzANUHNXZM0 

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