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Uomini e Treni

di Alessandro Borgogno - 23/10/2007

Capita sempre più di rado di trovare nel cinema contemporaneo dei film di genere che non siano contaminati da altri aspetti più o meno moderni o modernisti. Per il western, genere evidentemente intramontabile che ciclicamente declina e poi risorge, si direbbe ancora più difficile presentarsi al pubblico di oggi senza aggiornare i suoi stereotipi con qualcosa di attuale. E sembra invece che l’operazione di James Mangold abbia voluto proprio imboccare la strada del recupero più classico, a partire dalla scelta del soggetto, un remake quasi letterale dell’omonimo film del ‘57 diretto da Delmer Daves e interpretato da Van Heflin e Glenn Ford. Per una volta ci viene da dire che la scelta non sembra appartenere alla vasta famiglia dei recuperi dovuti alla sempre più evidente mancanza di fantasia e coraggio di soggettisti e sceneggiatori hollywoodiani, ma piuttosto ad una volontà di marcare con precisione i confini del racconto e di tutta l’operazione.

Sfida interessante, e - se non proprio sotto tutti gli aspetti - almeno per una buona parte vinta. La storia, che più classica non si potrebbe, mette in scena un bandito e un contadino valoroso, con il secondo che si impegna, per dovere e per necessità di danaro, a scortare il primo fino al treno che lo porterà al carcere di Yuma, luogo mitico e perciò sempre citato ma mai mostrato. Circonda i due protagonisti tutto il corollario di paesaggi, personaggi e situazioni tipiche del western anni cinquanta. Banditi, diligenze, mandrie, cacciatori di taglie, sceriffi pavidi, fattorie nel deserto e pistoleri cinici e infallibili.

Mettendo in campo tutto questo, il film riesce a non essere scontato, né a dare la sensazione del già visto.

Merito di una sceneggiatura attenta, fatte salve un paio di situazioni che ad una più rigorosa logica risultano assai poco verosimili, di una scelta di tipi e caratteristi di prim'ordine (mitica la partecipazione di un irriconoscibile Peter Fonda, ma anche azzeccatissima la caratterizzazione effeminata del vice-comandante della banda interpretato da Ben Foster), e di una regia che non brilla in nessuna scena ma neanche commette errori, lineare ed efficace come se ne vorrebbero vedere più spesso anche in prodotti commerciali come questo.

E merito soprattutto dei due protagonisti.

Bravissimo come di consueto Russel Crowe, per una volta nella parte del cattivo, affascinante e ambiguo come deve essere ogni cattivo che si rispetti anche se alla fine conquistato dalla morale del suo antagonista; ma assolutamente sorprendente la prova di Christian Bale, perfetto nel ruolo e capace di arricchirlo di sfumature che rendono credibile e perfino emozionante un personaggio assai insidioso che ad ogni passo poteva diventare banale o sfiorare il ridicolo involontario.

Un vero film di genere, quindi, pulito e senza fronzoli, come se ne vedono sempre meno. Intrattenimento solido e convincente e per di più con assai minore presunzione di tanti altri, cosa che lo rende ancor più apprezzabile.

 

Quel treno per Yuma [3:10 to Yuma], di J. Mangold
con R. Crowe, C. Bale, L. Lerman, D. Roberts, B. Foster, P. Fonda
USA 2007

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