film |
I | |
I giorni in cui perdemmo qualcosa di Ilaria Scala - 15/3/2007 Il maggior pregio di Bobby, il film di Emilio Estevez che racconta la giornata all’Hotel Ambassador di Los Angeles in cui spararono a Robert Kennedy, è il montaggio. Il regista sceglie per le scene una fotografia simile a quella delle immagini di repertorio del ’68, e montando insieme il tutto crea un notevole effetto di realismo. Così, Bob Kennedy interpreta se stesso, e la sua vita, le sue dichiarazioni alla stampa e al popolo USA, si intrecciano con la vita di tutti gli altri personaggi, veri o inventati, che popolano il film. In questo romanzo corale spiccano, fra gli altri, Sharon Stone, moglie tradita e parrucchiera, William H. Macy, marito traditore e direttore dell’albergo nonché paladino dei diritti civili, il giovane Freddy Rodriguez, mite cameriere messicano a cui tocca in sorte di tenere la mano del senatore morente. La commedia umana di Bobby è efficace anche quando sembra parlar d’altro. Per quanto distanti, fra loro e da Kennedy, tutti i personaggi avranno il destino segnato da questa giornata all’Ambassador e dalla morte del senatore. Un po’ come gli USA, e un po’ come tutti noi. Estevez è riuscito, con questo film discreto e senza proclami o effetti speciali, a trovare il giusto equilibrio tra intimismo e storia. E a trasmetterci il rimpianto per la fine del sogno americano degli anni Sessanta (il Vietnam di ieri come l’Iraq e l’Afghanistan di oggi?): come se in quei giorni tutti, anche quelli che non erano nati, avessimo perso qualcosa.
Bobby, di E. Estevez
|