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I

Da Albuquerque a Los Angeles

di Ilaria Scala - 12/12/2006

Ci sono film piccoli piccoli, che escono senza un gran battage e resistono per mesi - magari in poche e minuscole sale - quasi senza che nessuno se ne accorga. Se n'era accorto - prima, di solito - qualche festival di indipendenti che, affibbiandogli un qualche premio, l'aveva segnalato all'attenzione dei distributori italiani.

E' il caso di Little Miss Sunshine, film piccolo piccolo opera prima di Jonathan Dayton e Valerie Faris, reduce dal Festival di Locarno e dal Sundance, e vincitore del Sydney Film Festival 2006: la storia del viaggio in pullmino da Albuquerque a Los Angeles che una famiglia "insolita" (insolita? padre trainer fallito di aspiranti manager, madre affettuosa e incompresa, nonno eroinomane, zio gay ex-suicida e depresso, figlio adolescente in guerra con il mondo e muto per protesta per metà del film) affronta per accompagnare la figlia di 7 anni (la deliziosa Abigail Breslin) ad esibirsi in uno di quei concorsi di bellezza per mini-barbie truccatissime, autentici orrori di finta porcellana in body e lustrini, destinate a crescere anoressiche o serial killer.

Il numero della aspirante piccola Miss è una sorpresa da non svelare, il viaggio che lo precede è un susseguirsi di imprevisti, scontri, confronti generazionali, liti e riappacificazioni.

Gli attori - tutti semi-sconosciuti, tranne il noto Alan Arkin - danno una buona prova di gruppo, il ritmo alterna efficacemente i momenti di commozione a quelli comici. Ne risulta un film fresco e divertente, che, senza grandi proclami né pretese di assolutezza, fa riflettere su quanto un'istituzione bistrattata e antiquata come la famiglia, seppur declinata in modi originali, può ancora avere un suo senso.

 

Little Miss Sunshine, di J. Dayton e V. Faris
con G. Kinnear, T. Collette, A. Arkin, P. Dano, S. Carell, A. Breslin
USA 2006

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