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In una parola, la regia

di Ilaria Scala - 9/4/2006

Cos'è che funziona così bene in Inside Man di Spike Lee? La sceneggiatura, che orchestra con anticipazioni e flashback un intreccio ad orologeria, in cui i colpi di scena rovesciano più volte il punto di vista dello spettatore e i Buoni e i Cattivi si scambiano spesso di ruolo; la recitazione di tutti gli attori, Denzel Washington in testa; il montaggio, serrato e ritmico come punteggiatura; la fotografia, diversa per stile nei diversi momenti della storia: cupa e realistica durante le scene del sequestro, in cui tutto ciò che si vede accade realmente ma se ne ignorano i retroscena e le motivazioni, si fa espressionista durante le scene di interrogatorio, in cui le domande e le risposte si rincorrono e i fatti si confondono nelle parole e nei pensieri, e lo spettatore deve ricostruire da sé il prima e il dopo, le cause e gli effetti, gli indizi, chi è innocente e chi è colpevole; la colonna sonora, che mescola i climax sinfonici al rap e ai ritmi sudamericani, quasi a sottolineare il triplo melting pot che fa da scenario alla vicenda: il melting pot degli USA, il melting pot di New York, il melting pot della banca di Wall Street in cui un gruppo di rapinatori irrompe prendendo in ostaggio 50 persone di diverse razze e culture.

Cos'è che funziona così bene in Inside Man di Spike Lee? In una parola, la regia.

Quello sguardo d'autore che fa sì che ogni dettaglio sia al suo posto e rappresenti un modo preciso di intendere il mondo. Quello sguardo capace di prendere posizione anche rispetto alle situazioni apparentemente non centrali nella storia (come la paura del terrorismo, i luoghi comuni e i paradossi che essa ha scatenato: l'autocitazione de La 25esima ora, con una nuova carrellata sulla New York senza Twin Towers, questa volta diurna, meno nostalgica e più rassegnata; l'immagine inquietante della folla di criminali ed ostaggi che indossano lo stesso identico travestimento, in cui nessuno può essere accusato e tutti devono essere arrestati, perchè sono - semplicemente e democraticamente - Tutti Uguali; o il personaggio tristemente ironico dell'Indiano Sikh con il turbante che lamenta di prenderne sempre più degli altri, di essere il più controllato agli aeroporti, nonostante sia assolutamente innocente e il vero Rapinatore Capo, in questo caso, sia WASP fino al midollo).

Non sveleremo qui la conclusione né il movente, vi lasceremo il gusto della ricostruzione e dello stupore.

E quando sui titoli di coda scorreranno i volti e i nomi dei quasi trenta attori tra protagonisti e comprimari, se vi sembrerà di conoscerli uno per uno da sempre capirete cosa vuol dire saper fare un film.

 

Inside Man, di S. Lee
con D. Washington, J. Foster, C. Owen, W. Defoe, C. Plummer
USA 2006

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