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...ma senza artigli si pensa meglio

di Alessandro Borgogno - 4/4/2006

Alessandro risponde da par suo alla recensione di Ilaria su Il Caimano di Moretti.

Naturalmente, non è d'accordo su niente.

Da Nanni Moretti ci si aspetta il graffio, l’intuizione geniale, la visionarietà.

E proprio perché è Nanni Moretti, non ci dà quello che ci aspetteremmo.

Volevamo il graffio? E invece ci regala la riflessione. Volevamo la visionarietà? E invece ci costringe a confrontarci con la banalità delle cose.

Il Caimano racconta anzitutto noi, quello che siamo diventati, e com’è cambiata la nostra testa. E racconta di un film da fare, Il Caimano appunto, che non è altro che la storia imprenditoriale, civica e giudiziaria di Silvio Berlusconi, e racconta soprattutto del perché questo film si debba fare, a qualunque costo, anche a costo di girarne una sola scena.

Per questo la trama di questo film da fare è secondaria rispetto al film che lo contiene, e soprattutto per questo la parabola del Caimano non dice molto di più di quello che già sappiamo. Primo perchè non potrebbe, e poi perché non è quello che vuole fare. E risponde con il film stesso e con i suoi dialoghi proprio a queste obiezioni. “Chi voleva sapere le cose sa già tutto, e chi non vuole saperle continuerà a tenere gli occhi chiusi”. Per questo ci spiega con estrema chiarezza perché non stiamo vedendo ciò che magari ci piacerebbe vedere. Perché ciò che ci piacerebbe vedere non servirebbe a niente.

Molto più importante, almeno per Moretti, rompere in modo prorompente un tabù, il tabù secondo il quale Berlusconi è sostanzialmente irraccontabile, sia per le difficoltà censorie e appositamente scoraggianti che circondano qualunque iniziativa del genere, sia perché l’enormità del personaggio e delle sue azioni è sempre stata talmente superiore ad ogni rappresentazione da rendere qualsiasi tentativo di riprodurla e narrarla come una caricatura o al massimo come un documentario.

E chi meglio di un produttore di film trash può raccontare una realtà che supera qualunque trash? Così, inesorabilmente, vediamo scene e situazioni assolutamente inverosimili diventare realistiche, diventare anzi la realtà che conosciamo, quella degli ultimi anni, e ci rendiamo conto meglio di qualsiasi discorso di quanto siamo davvero immersi in un trash insopportabile che invece sopportiamo troppo passivamente.

Per questo anzitutto spezza il tabù, raccontando l’irraccontabile, perché sa bene che la presunta irraccontabilità è proprio una delle principali armi su cui si basa lo strapotere del personaggio, la sua pressoché illimitata capacità di dire e fare qualunque cosa e poi poterla smentire, ribaltare, mistificare.

Troppo facile cavarsela con una metafora, le cose facili non fanno per Moretti.

Troppo facile distinguere fra contenitore e contenuto, il contenitore è il contenuto, e nessuno dei due avrebbe senso senza l’altro.

Troppo facile anche pensare alle scene finali come dichiarazione d’amore per il cinema, cosa che sono senz’altro. Quella è piuttosto una dichiarazione di fiducia nel cinema, nella sua possibilità di poter rappresentare e raccontare ciò che non riescono a fare inchieste, documentari, telegiornali o programmi di satira.

Per raccontare soprattutto il pericolo che corriamo, e per dirci che lo corriamo soprattutto continuando ancora ad aspettarci qualcuno che ci dica più di quanto già non sappiamo (non abbiamo nulla di più da sapere), qualcuno che ancora ci faccia indignare, o che ci deprima ancora di più, o che ci incoraggi a reagire. Continuiamo ad aspettate, ci dice, e nel frattempo Berlusconi la nostra testa l’ha già cambiata. Per questo siamo qui ancora a chiedere a Moretti di farci indignare, di incoraggiarci a reagire. Ma di cosa abbiamo ancora bisogno?

Siamo qui a discutere, ed è quello che voleva. Siamo usciti dal cinema pensando, ed è quello che voleva. Cosa vogliamo di più dal cinema?

Se la presentazione de Il Caimano non fosse stata incentrata – in verità non a tutti i livelli – su quanto esso fosse contro Berlusconi, su quanto fosse politico eccetera eccetera, semplicemente non avrebbe avuto senso.

Se avesse contenuto un altro film sarebbe stato semplicemente un altro film. E se Moretti facesse un film come lo vogliamo noi allora non sarebbe Moretti.

E invece il film è potentemente e genialmente spiazzante. Per questo spiazza anche chi avrebbe voluto poter discutere su quanto fosse politico, su quanto avrebbe influenzato il voto e così via.

Niente da fare. Fosse stato come un film di Michael Moore, sarebbe stato facilmente attaccabile e non ci avrebbe detto niente che già non sapevamo. Così ci fa pensare, e per questo viene ritenuto da molti realmente pericoloso, però le loro armi sono spuntate, perché in realtà non sanno come attaccarlo.

E oltre a tutto questo, c’è anche da dire che è un gran bel film.

Scusate se è poco.

 

P.S.: subito dopo l’anteprima, nella fretta scomposta di scrivere a qualunque costo una stroncatura, o probabilmente avendola scritta ancora prima di averlo visto, Renato Farina su “Libero” ha sentenziato: “Da oggi, nelle sale cinematografiche di tutt'Italia, la sinistra artistica e intellettuale lancerà una specie di bomba incendiaria. Nanni Moretti lo chiama con il nome di un anfibio d'assalto, ma avrebbe potuto intitolarlo più opportunamente "Boomerang": secondo noi gli tornerà in quel posto là.”

E’ evidente che Farina non ha capito né il contenitore né il contenuto del film, ma da oggi sappiamo anche che non sa, e forse non ha mai saputo, che il caimano non è un anfibio, ma un rettile.

 

Il Caimano, di N. Moretti
con S. Orlando, M. Buy, J. Trinca, M. Placido
Sacher Film - Italia 2006

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