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Chi ha paura dei tripodi giganti? di Ilaria Scala - 12/7/2005 Meno male che c'è Tom Cruise, a salvare la Terra dagli alieni. Più che la Terra, l'America. Anzi, gli Stati Uniti. Anzi, la costa orientale degli Stati Uniti. Anzi, per dirla tutta, quel pezzo di terra tra New York e Boston. Tom, bello più che mai nei panni di Ray Ferrier, non solo ha l'unica automobile funzionante del pianeta (essendo le altre "impazzite" in seguito alla tempesta magnetica scatenata dagli alieni, ed avendo Lui avuto l'intuizione geniale per aggiustarla); non solo corre più veloce dei tripodi giganti (le navicelle spaziali); non solo schiva i fulmini disintegranti e li fa schivare anche alla figlioletta di 10 anni; è perfino capace di dare consigli utili ai marines, di lanciare bombe dall'interno del tripode quando ne è già stato quasi risucchiato, e intanto trova anche il tempo di imparare a fare il Bravo Papà. La dimensione individuale, nel film di Spielberg La guerra dei mondi, sembra prevalere rispetto a quella collettiva. Non mancano, com'è ovvio, le scene di massa, la pietas verso i più "sfigati" (quelli lenti, quelli senza automobile, quelli che quando cade il fulmine si trovano proprio lì), le riflessioni drammatiche sulle reazioni inconsulte di chi tiene solo a salvare la pelle (che forse sono le uniche riflessioni realistiche: in tempi in cui il panico di massa è all'ordine del giorno, è interessante soffermarsi a pensare a come le persone tentano di uscirne vive: mentendo? tradendo? calpestando gli altri? e in base a quale criterio ritengono che siano proprio gli altri a dover soccombere?). Ma è sempre il punto di vista individuale a vincere su tutto: l'eroe è Tom, e in quanto tale ha il compito morale di portare a casa i due figli sani e salvi, anche perchè l'ha promesso alla ex-moglie. Il fatto che il figlio maggiore, forse per protesta, decida di arruolarsi per aiutare la comunità, lo disturba non poco. L'eroe è talmente eroico (o forse è meglio dire fortunato), che spesso vien da chiedersi "E adesso da questa come ne esce?", tante e tali sono le situazioni che gli alieni si inventano per attentare alla sua salute. E per quanto, se potessimo scegliere, sarebbe certamente Lui il faccino che sceglieremmo di salvare in tutto il genere umano, a volte è davvero difficile credere che proprio Lui ce la faccia sempre, alla fine (almeno finché si resta convinti che in realtà non si può scegliere, e che il fatto che viva Lui piuttosto che i milioni di altri può dipendere dal Caso, da Dio, da Allah, ma non certo dal faccino che si ritrova). Ciò premesso, il film è godibile, ben realizzato, correttamente cupo e inquietante. Ma assai più inquietanti sono le due (almeno due!) linee extra-testuali che ne scaturiscono: 1) La guerra vera, oggi, non viene da un altro mondo, ma da questo mondo qua, e prima di interrogarci sull'imperscrutabilità dell'attacco dei Marziani, forse dovremmo sforzarci di capire come evitare gli attacchi dei nostri simili (di capire, prima ancora che difenderci; perchè i nostri simili dovrebbero essere meno imperscrutabili dei Marziani, eppure, a volte...). 2) Se gli alieni esistono (periodo ipotetico della realtà: perchè non dovrebbero?), non si vede perchè debbano esserci ostili. Di più, non vedo perchè debba interessargli qualcosa di noi: non abbiamo (più) risorse naturali, non abbiamo ricchezze, né particolare intelligenza. S'io fossi un Marziano, magari per protesta, prima di attaccare la piccola Terra attaccherei Giove.
La guerra dei mondi
[The War of the Worlds], di S. Spielberg |