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La solitudine dietro casa

di Ilaria Scala - 14/3/2005

Sulla carta, era difficile fare un buon film di un soggetto come Cuore sacro.

Difficilissimo rappresentare per immagini una conversione più spirituale che religiosa, una crisi profonda e tutta interiore, occorsa a una donna manager degli anni 2000... sulla carta, il soggetto sociale più difficile da convertire.

Se qualcuno poteva riuscirci, questi poteva essere solo Ferzan Ozpetek, che ci ha ormai abituati al suo modo di "guardare" i temi più controversi con profondità e passione, e di ritrarre gli animi più dissociati, emarginati e soli "dal di dentro", riuscendo a trasformare il loro punto di vista nel nostro, e viceversa.

Quindi onore al merito di uno dei più interessanti ed originali registi (non) italiani, capace di scovare storie di umana disperazione nei vicoli delle nostre città, "dietro casa" (letteralmente), e di mostrarci l'urgenza di carità senza bisogno di portarci in Africa o in Asia.

Il film, a tratti esagerato a tratti enfatico, tra citazioni di San Francesco e di Michelangelo, ha il pregio di restare credibile anche quando ritrae l'incredibile, e soprattutto di riuscire a rappresentare l'oppressione di della solitudine, lo straniamento della follia, semplicemente con una stanza vuota, popolata solo di parole, echi e ricordi.

 

Cuore sacro, di F. Ozpetek
con B. Bobulova, L. Gastoni, E. Blanc, A. Di Stefano, C. Dugay Comencini - Italia 2005

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