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Roma barocca città ideale

di Lisa Della Volpe - 23/8/2006

Si rimane disorientati nel trovarsi di fronte alla Torre di Babele che campeggia a piena pagina su un manoscritto di Atanasius Kircher (erudito gesuita, 1602-1680) e viene da chiedersi cosa ci faccia l’esempio della grande e scellerata biblica ambizione umana in una mostra di architettura barocca quale è Roma Barocca – Bernini, Borromini, Pietro da Cortona (a Roma, a Castel Sant’Angelo, dal 16 giugno al prossimo 29 ottobre).

La Babele barocca

Il Louvre bocciato

La derisione del popolo romano

L’ambizione dei Papi

Il volto vero della città

Eppure è una scelta non solo felice ma obbligata, in un percorso che si ricompone man mano che si prosegue la visita tra quadri, disegni, manoscritti, modelli, mobili, la meridiana dei Barberini con le api che segnano le ore con i pungiglioni, i monti chigiani pretesto per improbabili costruzioni.

La Babele barocca

Accanto ai grandi pannelli con le più celebri costruzioni barocche di Roma - la Roma di Urbano VIII Barberini, Innocenzo X Pamphili e Alessandro VII Chigi, papi dal 1623 al 1667-, si ergono anche due splendide colonne tortili in legno scolpito e dorato prese a modello per il Baldacchino di San Pietro, e poco prima i ritratti degli illustri interpreti dell’arte barocca: i maestri Gian Lorenzo Bernini, Francesco Borromini e Pietro da Cortona con i loro disegni, i loro progetti e i loro fallimenti.

Tra tanta abbondanza e varietà di espressione, di esperimenti, d’un tratto appare l’anello mancante che ricostruisce l’insieme della mostra come un studio organico, in cui nulla è lasciato al caso e nulla è stato usato per colmare mancanze: la cupola di Sant’Ivo alla Sapienza di Francesco Borronini, la Torre di Babele barocca, ardita, vorticosa, di una verticalità quasi esasperata, ricca di simboli di cui non si è ancora accertata l’origine esatta.

Il Louvre bocciato

Straordinaria la Sezione dal titolo 'Barocco interrotto', in cui trovano spazio modelli in scala di palazzi mai realizzati, che rimasero su carta per scelta o per mancanza di risorse. Tra questi esperimenti, due meritano attenzione: i due progetti per l’ala est del Louvre di Bernini e di Bernini-Pietro da Cortona, entrambi bocciati da Luigi XIV e da Colbert per ragioni personali e nazionali (senza contare gli intrighi di corte, che nemmeno il francese Quatremère De Quincy dopo oltre un secolo cerca di nascondere).

In realtà, il re aveva preso in simpatia Bernini, tanto che era stata posta la prima pietra dell’edificio qualche giorno prima della partenza di Bernini da Parigi, ma a Colbert non parve vero di poter abbandonare i progetti e spostare risorse e architetti (questa volta francesi) a Versailles appena il re si mostrò preoccupato più di controllare la nobiltà che di sistemare il palazzo parigino.

Il Louvre fu terminato da tale Claude Perrault.

La derisione del popolo romano

Su Bernini e Borromini e sulla loro rivalità circolano diversi aneddoti che sembrano dar ragione a Borromini, il quale tacciava Bernini di non conoscere le tecniche costruttive e di incappare, di conseguenza e facilmente, in errori grossolani. Borromini non era tipo da lasciarsi sfuggire occasioni più uniche che rare per criticare il Michelangelo del ‘600: l’episodio più emblematico e probabilmente il meno noto cade nell’anno 1645, quando Bernini riprese la vecchia idea dei due campanili di facciata della basilica di San Pietro (la pietra di fondazione, presente in mostra, è del 1638).

Solo un campanile fu eretto, ma venne abbattuto a causa di cedimenti strutturali della facciata. Grande fu la soddisfazione di Borromini. La barzelletta di tutta Roma!

L’ambizione dei Papi

Conclude la mostra la parata delle piante di quella Roma che, attraverso un radicale mutamento urbanistico, ambiva a essere città ideale, esempio per le capitali europee dove aveva esportato (e tentato di esportare, nel caso di Parigi) un linguaggio vivace, esuberante, sofisticato, artificioso come artificiose sono le strepitose anamorfosi di Jean François Niceron.

C’è da chiedersi se e in che misura pesi ancora il giudizio negativo espresso da Quatremère De Quincy, fin dal 1787, sul barocco in generale, e su Borromini in particolare. Probabilmente ancora troppo, a giudicare dallo scarso affollamento delle sale.

Il volto vero della città

Si tende a credere che il volto attuale di Roma sia quello che, nel XVIII secolo, vedevano gli intellettuali del Grand Tour o i giovani artisti francesi che l’accademia di Francia premiava con il Prix de Rome; si ritiene che la Roma attuale sia soprattutto barocca, prima che romana e quindi anche la mostra rischia di alimentare una falsa visione.

La realtà è che Roma è più ottocentesca e fascista di quanto i monumenti barocchi con la loro preziosità e ricchezza cerchino di nascondere.

Se non altro, la mostra Roma barocca alimenta quel mito di città eterna, terreno fertile per menti geniali, città capace di rigenerarsi e di rigenerare; soprattutto offre l’immagine di una città che sapeva accogliere e che poteva offrire spazio alla sperimentazione e alle idee. Almeno fino al XVII secolo…

 

Roma Barocca. Bernini, Borromini, Pietro da Cortona
curata da P. Portoghesi e M. Fagiolo
Roma, 16 giugno - 29 ottobre 2006
Castel Sant'Angelo

per approfondire:
R. Wittkower, Arte e architettura in Italia. 1600-1750, Einaudi, Torino 1993
G. Spagnesi, L’architettura a Roma al tempo di Pio IX (1830-1870), II ed., Edizioni Studium, Roma 2000
A.M. Racheli, Restauro a Roma. 1870-2000. Architettura e città, Marsilio, Venezia 2000

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