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Serenità che viene da lontano

di Lucia Falzari - 2/8/2005

Forse è destino che in certi periodi le persone che danno serenità debbano venire da lontano.

Tentzin Gyatso: quattordicesimo sovrano per i tibetani; reincarnazione di Avalokiteshvara (il Bodhisattva della Compassione) per i buddhisti; un monarca feudale da destituire per i cinesi che nel 1950 invasero il Tibet con le loro truppe.

Lo sparuto gruppo di curiosi che lo attendeva all’uscita dal Municipio di Rimini si è moltiplicato in qualche migliaio di persone davanti al palco allestito al Parco Marecchia venerdì scorso.

E lui non ha tradito quest’attesa. Si è incamminato lungo il corso accompagnato da alcuni monaci, da un folto seguito e da un coro di “free

foto di L. Falzari

Tibet” che echeggiava in mezzo ai palazzi, ha attraversato il ponte di Tiberio e si è presentato in una semplicità e freschezza di sguardo semplicemente rasserenanti. Parla, e mentre l’interprete traduce lui gioca, scarta caramelle che va ad offrire al sindaco, stuzzica l’interprete stesso, chiede che si riposino un po’ i signori che reggono gli ombrelli per ripararlo dal sole. Scherza con sguardi e piccoli gesti con i ragazzi in prima fila davanti alle transenne, che lo hanno aspettato sotto un sole feroce.

In questi giorni di guerra aperta su tutti i fronti, il Dalai Lama rappresenta forse l’ultima voce realmente credibile quando pronuncia la parola “Pace”, e lo è per una intima coerenza, la trasmette. Non la pace delle bandiere, del silenzio delle armi, della politica. Certamente molto avrebbe avuto da dire anche in merito a quella, ma le ha riservato un unico cenno, dicendo che era rimasto perfino senza patria. E lo ha fatto per parlare del significato della privazione, di ciò che riesce a rendere insoddisfatti noi, nel nostro modo di vivere corrente: se paragonati a chi vive nella vera miseria, non abbiamo ragioni oggettive di povertà che ci possano rendere impossibile vivere. Eppure, è inconfutabile la difficoltà di tanti affrontare la quotidianità.L’egocentrismo, il carico di aspettative, le sovrastrutture che noi stessi creiamo pongono le premesse di questa insoddisfazione. Pace interiore, dunque, quella cui fa riferimento nel suo discorso. Parla delle tartarughe e di alcuni insetti, che appena nati si allontanano non curandosi, per proprio istinto, dei “legami familiari”, degli affetti

foto di L. Falzari

 

originari. Ribadisce che noi non siamo così: l’uomo ha bisogno dei legami. E fin qui nulla di nuovo, certo. Ma l’egocentrismo pervade anche quelli. E allora, se comunque in questa società si vive in maniera egoistica, beh, allora tanto vale essere egoisti in maniera intelligente: agendo per il bene altrui saremo noi stessi a trarre il maggiore beneficio. Un modo per conciliare due universi del vivere nel quotidiano. Pare facile. Eppure quando sei lì ci credi. E quando torni a casa ancora. E anche se l’hai già letto da qualche parte (anzi: anche se lo leggi spesso), pian piano inizi a far tuo questo modo di pensare anche nel quotidiano; allora ti accorgi che è vero.

Non voglio con ciò fare una propaganda del buddhismo: sarei davvero la persona sbagliata e sarebbe fuori luogo. E’ solo la storia di un incontro, di un momento di serenità ricevuta e – spero - replicata ad altri a mia volta. Questo, forse, il dono più bello.

 

Il Dalai Lama a Rimini, venerdì 29 luglio 2005

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