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La Fogheraccia (di San Giuseppe)

di Lucia Falzari - 18/3/2005

Nel buio della notte tanti fuochi rossi e vivi. Un rito che da tempo immemorabile segna la fine dell’inverno in questa terra. Dalla campagna al mare, l’aria sa di legna bruciata e la foschia, una volta tanto, non è smog, ma fumo che si leva dai tanti, tantissimi falò che si accendono ovunque alla vigilia di San Giuseppe. Perfino Fellini nel suo Amarcord non poté esimersi dall’immortalare questo momento, così importante per chi vive in questa terra di tradizione contadina. “La Segavècia” che si bruciava.

“A che fogheraccia andate” è un po’ come chiedere dove si passa il capodanno, insomma. C’è chi se la prepara piccola in un angolo del giardino, chi in campagna ne approfitta per far piazza pulita in magazzini (pardon, dovrei dire magazéni) e cantine. I campetti parrocchiali si trasformano per una serata in tanti accampamenti indiani. Dappertutto si saluta l’arrivo della primavera vuoi con canti e balli, con rustìde a base di salsiccia e posticcia, oppure in silenzio ipnotizzati dalla fiamma prima e dalle braci poi (ecco, perché lo voglio dire: stare in spiaggia a scaldarsi accanto alle braci di un falò oramai è possibile solo in questa notte!). Chi sta più in centro, magari, va a vedere come cresce la catasta della fogheraccia “del porto”, sul tratto di spiaggia libera attaccato al porto canale di Rimini, che è poi quella più grande e più gettonata. Una festa per tutti, davvero. Chi si trovasse a passare per le vie di Romagna in questa sera di marzo si attardi un pochino, e prenda un po’ di tempo per vedere questi bellissimi fuochi: troverà sicuramente un sorriso e un bicchiere di Sangiovese ad accoglierlo!

 

Romagna, 18 Marzo a partire dalle 7 di sera

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