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Raptus Rock di Battiato

di Ilaria Scala - 17/2/2005

Tutto esaurito per il doppio concerto di Battiato a Roma, gli scorsi lunedì e martedì.

Il cantautore, reduce da una brutta influenza, è entrato in scena quasi timidamente, accennando con voce debole (e con un paio di stecche, invero) una suggestiva canzone in inglese che non siamo riusciti a riconoscere, per poi lasciarsi prendere da un vero e proprio raptus rock: vestito da adolescente imberbe (partendo da sotto: scarponcini marroni, pantaloni neri, maglia nera a maniche lunghe, camicia rossa a maniche corte, e sopra una specie di gilet nero aperto sul davanti), ha infilato uno dopo l'altro successi vecchi e nuovi, con arrangiamenti all'insegna dell'energia, del ritmo, dei distorsori.

Battiato coinvolge il pubblico con simpatia ed esperienza. Lo provoca con dissonanze ardite, lo abbrutisce con testi spaventosi (la lugubre La porta dello spavento supremo, ultima traccia del recente "Dieci stratagemmi", scritta con Sgalambro), lo seduce con i suoi grandi classici (tra cui Centro di gravità permanente, Voglio vederti danzare, Gli Uccelli, Cuccuruccuccù Paloma, Bandiera bianca), in un medley dall'impatto sicuro, anzi fin troppo facile.

Battiato non ha pudore: per lui ospitare sul palco l'amico Manlio Sgalambro, che forse sa pensare e sa scrivere ma sicuramente non sa cantare, è naturale come invitarlo a cena a casa sua. L'illustre filosofo, tutt'altro che imberbe e vestito da professore universitario come gli si addice, si diverte intonando (si fa per dire) La mer di Brassens e un altro paio di testi, di fronte a una platea un po' attonita.

Da segnalare, a metà concerto, l'intepretazione de L'Animale e de La stagione dell'amore, che anche come ballate rock si confermano attualissimi capolavori della canzone italiana.

Affascinante la scenografia, preziosa nella sua essenzialità: il pannello in fondo al palco si illumina di colori fluorescenti, ora fucsia ora turchese, e i musicisti davanti diventano sagome scure e stilizzate come ombre cinesi.

Nel complesso, dunque, un bello spettacolo: più interessante nella prima parte d'impronta sperimentale, più accattivante nella seconda, forte del richiamo delle canzoni che tutti conoscono e cantano a memoria, ballando sulle poltrone.

Unica scelta incomprensibile, il luogo: dopo l'inaugurazione del sospirato Auditorium di Renzo Piano, di questo Granteatro di Tor di Quinto, struttura fabbricaingorghi pre e post-concerto e piena di spifferi, Roma non sentiva davvero la mancanza. E la Sala Sinopoli sarebbe stata fiera di ospitare un artista come Battiato, sia pure in vena rockettara (e perchè, non ci ha cantato di recente la Nannini?).

 

Franco Battiato Dieci Stratagemmi Tour 2005
Roma, 14 e 15 Febbraio 2005, Granteatro

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