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La cantantessa e il boa di struzzo

di Ilaria Scala - 1/1/2005

La cantantessa è proprio brava.
Si veste da diva, con un boa di struzzo bianco intorno al collo, gli occhiali tondi e rosa, un abito di seta nera e pizzi (forse la sottoveste di sua nonna), la pelle candida; sale sul palco con due ore di ritardo, davanti a un pubblico che la inonda dei flash delle loro macchinette digitali e la chiama in siciliano; sfodera una voce calda e potente, solo leggermente nasale, e si scuote e si agita al ritmo della parte cattiva del blues. La parte arrabbiata, la parte sensuale, la parte che non scende a compromessi, e grida dal profondo amore e odio insieme.

Gran coraggio, la cantantessa. Giura che questi sono i suoi ultimi concerti, e - forse per questo, o magari non solo per questo - riempie un club romano per tre sere di fila, con due ore della musica che ha voglia di cantare, e che per una volta non è la sua (o forse è la sua più che mai, quella che ascoltava e suonava nella sua adolescenza). Trascina il pubblico nell'atmosfera che ha scelto e creato senza l'aiuto dei testi noti, delle canzoni rock e acustiche che l'hanno resa famosa. Diverte perchè si diverte, perchè gioca con i clichè del mito, con il boa di struzzo e con l'asta del microfono.

Forse è questo il momento migliore per smettere, quello in cui la cantantessa si sta ancora divertendo, e si vede.

Eppure, dopo un concerto così, vien voglia di sperare che non lo faccia.

 

Carmen Consoli Live
Roma, 21 Dicembre 2004, Club La Palma

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