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La speranza è un dovere civile?

di Andrea Scala - 1/2/2009

Quotidianamente leggiamo le opinioni più disparate su come dovrebbe chiudersi la vicenda di Eluana Englaro (e le ultime notizie di stampa ci dicono che qualcosa si sta muovendo).

La donna vive in stato vegetativo da diciassette anni in seguito ad un incidente stradale.

Il padre chiede che venga sospeso qualsiasi intervento che consente al fisico della figlia di continuare a vivere. A questa richiesta si oppongono varie persone e istituzioni, sia laiche che ecclesiastiche, con le motivazioni più diverse. Ma opinioni di sostegno alla famiglia Englaro non mancano, ed anche autorevoli. E, come al solito, ne è nata una disputa politica.

Io cerco di capire il tormento dei coniugi Englaro. Come può un genitore resistere allo strazio di una figlia per anni in quella situazione? Come può desiderare che la figlia muoia? Ma la figlia sta vivendo? Tecnicamente sì, ma la si può chiamare vita?

Eluana Englaro giace immobile e non dà segni che consentano di ipotizzare un miglioramento delle sue condizioni.

Perché il padre vuole che la figlia cessi di vivere? Che differenza fa se sta in un letto di ospedale o in una bara?

Finché Eluana non sarà sepolta, una piccola fiammella di speranza resiste nel cuore dei genitori.

Semplicemente, LA FAMIGLIA ENGLARO NON VUOLE PIU’ SPERARE.

 

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