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Le balene salvino l'umanità

di Alessandro Borgogno - 28/06/2008

La notizia è talmente vergognosa che verrebbe da pensarla falsa. E invece no.

All’apertura del “60° summit della Commissione baleniera internazionale” a Santiago del Cile, dove ottanta paesi dibattono sul futuro degli abitanti dei mari del pianeta, i soliti storici paesi cacciatori di cetacei, Giappone, Norvegia e Islanda, dopo le ridicole scuse di “ricerca scientifica” con cui hanno per anni giustificato la continuazione del massacro, ora hanno addirittura lanciato la guerra alle Balene, accusandole di essere la causa principale dell’impoverimento delle risorse ittiche degli oceani, e addirittura di sottrarre il pesce ai paesi poveri e bisognosi in via di sviluppo.

La tesi è talmente ridicola che dovrebbe solo far sorridere, se invece non fosse sostenuta in modo terribilmente serio da chi detiene il potere economico e finanziario che può davvero decidere, come ha fatto finora, la sorte dei cetacei e con loro di tutto il pesce che popola i nostri mari.

Davvero non dovrebbe valere la pena, e invece purtroppo occorre farlo, di ricordare a questi signori che sono proprio loro, con lo sfruttamento indiscriminato delle risorse marine, i principali responsabili di questo impoverimento, e basterebbe davvero poco, soltanto consultare qualche dato, per constatare come quasi due terzi del pesce pescato in questi paesi “bisognosi” finisca altrove, ben lontano dai loro bisogni, e - guarda caso - proprio verso quei paesi ricchi di cui fanno parte gli sfrontati paesi accusatori.

Per quanto sorprendente sia la totale assenza di vergogna di questi padroni del mare, ancora più triste è constatare che la contrapposizione a queste incredibili posizioni, facilmente sostenibile con un minimo di dati scientifici a disposizione di chiunque, è tutta o quasi nelle mani del WWF, cioè pur sempre di una associazione privata, per quanto benemerita, sostenuta da donazioni e da volontariato.

La ragione che ci spinge a parlare di questo però, dopo aver già parlato tempo fa delle balene per aver viaggiato con loro per un breve tratto di mare, non è scientifica né specificatamente ambientalista, perché forse speriamo ancora che una tesi tanto vergognosamente falsa sia contrastata in altre sedi e con ben altri mezzi. E’ invece una ragione molto più legata alle qualità umane e ai suoi più alti valori, e cioè la poesia, la letteratura, l’arte, la storia, la filosofia. In una parola: la cultura umana.

E’ dai tempi di Neanderthal e ancora prima che l’umanità, nel diventare civiltà e nel trasformare profondamente il pianeta dove si è trovata a vivere, si è nutrita per i suoi desideri e valori più profondi di un immaginario legato alla natura che non ha mai abbandonato, almeno finora. E’ riuscita ad innalzarsi sopra le altre specie animali proprio grazie alla capacità di tramutare in simboli le loro virtù, ed è cresciuta ed è diventata, se lo è, una razza superiore anche per aver enfatizzato, fatto proprie e tramandato alle generazioni successive l’astuzia della volpe, il coraggio dell’orso, la bellezza selvaggia della tigre, la forza del leone, la fierezza dell’aquila, l’intelligenza del delfino, la velocità del falco, la silenziosità della lince, la vista proverbiale del gufo.

E la balena, immenso essere vivente le cui dimensioni superano qualunque nostra capacità di riduzione e ridimensionamento, è da sempre il vero dio degli oceani, simbolo dei nostri abissi più profondi, immagine vivente dell’assoluto, icona dell’avventura e degli spazi sconfinati, fluido ed elegante messaggero di un mondo al di là della nostra portata, portatore di dimensioni e di movimenti che vivono in un tempo diverso dal nostro, con una lentezza solenne e geologica che a noi non è dato di vivere ma di cui ci è data, attraverso di essa, la meravigliosa possibilità di avvicinarci almeno per intuirla.

Non è una questione di romanticismo. Salvare le balene dall’insensato massacro cui sono sottoposte e con cui la freddezza di una economia e una finanza mondiali che già ci hanno portato sull’orlo del baratro vogliono definitivamente farle scomparire affogandole nelle tonnellate di sangue con cui sporcano giornalmente i mari e le loro mani non è solo una questione di equilibri biologici e di lungimiranza ambientale. E’ davvero, fuori di ogni retorica, riuscire ancora a salvare qualcosa di noi stessi, della parte migliore della nostra civiltà umana, quella che ha saputo raggiungere nei millenni le vette più alte dell’arte civile e sacra, della sublime narrazione e del dominio armonico dei suoni, della luce della ragione che si oppone al buio eterno, della nostra capacità di vivere e rispettare ancora il mistero, il non conosciuto, il mito ancestrale e irrinunciabile senza il quale nessun uomo troverà mai un’esistenza davvero degna di essere vissuta.

Spiace dirlo, soprattutto per chi ha da lasciare questo mondo alle generazioni successive e alla propria prole, ma se davvero non riusciremo a salvare le balene dalla meschinità e dalla pochezza dei lati peggiori della nostra umanità, allora sarà certo che la nostra civiltà non ha futuro e sarà destinata al fallimento totale.

E sarà giusto.

 

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