editoriali

 

Cicli, progresso e regresso

di Lisa Della Volpe  - 24/11/2006

Nella chiesa di San Pietro in Valle a Ferentillo (Terni) sono conservate opere uniche, strabilianti.

E tra queste due sarcofagi, uno romano del III sec. d.C. e uno di epoca longobarda (sec. VIII).

Le due opere sono poste talmente vicine che un confronto è inevitabile. Sorprendono per la lontananza, di anni luce, dei linguaggi espressivi: il primo ricco, elaborato, elegante; il secondo sommario e rozzo, fatto di linee che definiscono i contorni e non le forme, privo di profondità.

Sorprende l’impoverimento dello stile e del linguaggio medievale e inevitabile sorge la domanda: l’idea di progresso è applicabile all’arte? E. Gombrich ha scritto un breve saggio sul tema, e il pittore Whistler ha svilito ogni tentativo di applicabilità del concetto nel suo processo contro il critico Ruskin.

Ciclicamente si assiste, analizzando la storia dell’arte nel suo insieme e in termini di lunga distanza, a periodi di eccezionale ricchezza formale e contenutistica alternati a periodi di stasi o di apparente regresso che in realtà nascondo un atteggiamento sperimentale unico e irripetibile: come appunto si è verificato nel medio evo, quando sono state gettate le basi per la civiltà rinascimentale.

Alla fine del XVI e all’inizio del XVII assistiamo, in concomitanza allo sviluppo del giornale a stampa, all’ennesimo passo del gambero, ossia all’impoverimento del linguaggio delle immagini: in precedenza complesse allegorie come quelle di ambito nordico e italiano dei due secoli precedenti, esse si semplificano nella forma per “parlare” un linguaggio standard e accessibile. Le ragioni sono da ricercarsi nei rivolgimenti politici e soprattutto religiosi che imponevano una diffusione capillare di certa cultura divulgativa.

Da questi rivolgimenti e mutamenti di senso nacquero nuove espressioni artistiche, fino a quando l’invenzione della fotografia prima e del cinema poco dopo non hanno sollevato l’ennesimo problema sul ruolo delle arti tradizionali, provocando un nuovo mutamento.

Di questo breve excursus si possono fissare due concetti: la ripetitività della storia e la continua, inesorabile accelerazione dei processi di cambiamento.

Dall’età romana al medio evo e da questo al rinascimento passano secoli; dalla fotografia al cinema passano anni. Dal cinema ad internet… internet: ecco l’ennesimo passo.

Internet costituisce una nuova rivoluzione con conseguenze simili a quelle verificatesi nel medio evo e nel ‘500: appiattimento della prosa, impoverimento dei significati delle immagini, il tutto nascosto dietro la parvenza di democratizzazione del mezzo.

Con grande gioia (effimera) dei linguisti, grazie ad Internet si è giunti finalmente all’italiano standard, un italiano fatto però di faccette e di frasi, di termini orribili come 'interfacciarsi' e 'fasarsi', di saluti contaminati ("Buon week") e del continuo ripetersi di 'attimino' e 'secondino' usati indifferentemente per indicare sia l’idea di spazio sia quella di tempo.

Aspettiamo che i geni colgano le possibilità espressive del mezzo e che carichino di significati il nuovo contenitore ancora amorfo. Forse la web art e il web well-writing sono alle porte. Magari anche grazie a Parolae...

 

Per saperne di più: F. Carlini, Lo stile del web. Parole e immagini nella comunicazione di rete,
Einaudi, Torino 2006

Tutti gli editoriali