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Ladri di significati

di Alessandro Borgogno - 3/3/2006

Il “Grande Fratello” è un’entità inventata nel 1948 dal geniale romanziere George Orwell. Grazie al suo straordinario romanzo 1984, per quasi un secolo il termine “Grande Fratello” è stato sinonimo di privazione della libertà, oppressione, manipolazione del consenso e controllo della memoria storica.

Poi è accaduto qualcosa.

Sono arrivati i geniali "autori" televisivi del mondo occidentale. Prima gli olandesi, poi gli spagnoli, poi gli americani, poi gli inglesi e infine (come al solito) i piccoli nipotini italiani (mai una volta che ci prendessimo il lusso di saltare qualche passaggio, perdiana!) e non hanno fatto altro che applicare alla lettera ciò che il romanzo paventava (loro sì che lo hanno letto).

Appropriandosi indebitamente di una delle icone più significative del libro e dell'intero novecento, l’hanno appiccicata sul titolo di una trasmissione per dementi che guarda 24 ore al giorno altri dementi che non fanno un tubo tutto il tempo, privati anche di cose ormai inutili e noiose come i libri perchè "devono socializzare".

E così ci hanno ribaltato la frittata nel miglior modo possibile, rubandoci, come già altre volte, anche termini che ormai erano patrimonio (intelligente) di una umanità ancora non completamente lobotomizzata.

Ed ecco fatto: da oggi in poi il Grande Fratello di Orwell non esiste più.

Questo nome simbolico, evocativo, e finanche terapeutico che fino ad oggi era stato almeno buono per chiamare con nome e cognome un pericolo che ci sovrasta di continuo e che non fa che aumentare la sua pericolosità, questo nome ormai da anni è il titolo idiota di una trasmissione idiota. Capolavoro compiuto.

 

E mai che, nel delirio di copyright e diritti d’autore (LA PIRATERIA E’ UN FURTO!), mai che a qualcuno sia venuto in mente di istituire qualche tipo di diritto su nomi e titoli di opere che meriterebbero, quelli sì, di essere tutelati dall’utilizzo commerciale e soprattutto dallo stravolgimento del loro significato ormai storicamente acquisito.

E' così che il meraviglioso Dottor Stranamore di Kubrick, apocalittico avvertimento in forma di commedia sui rischi del superomismo mai del tutto neutralizzato e delle deleterie strategie politiche della guerra fredda, è diventato “Stranamore”, un programma televisivo dove la gente va a piangere sulle proprie disavventure sentimentali che dovrebbero restare private e diventano invece dominio della peggiore piazza pubblica (e nella stessa trasmissione, la deliziosa All you need is love dei Beatles diventa la mielosa colonna sonora delle turbe adolescenziali di poveri idioti).

E' così che “C’eravamo tanto amati”, frase di una canzone che ha segnato un’epoca (Come pioveva) e ripresa da Ettore Scola per il titolo del suo miglior film, ritratto lucido e commovente di un intero pezzo dell’Italia del dopoguerra, è diventata una trasmissione dove mogli e mariti (spesso finti) si rinfacciano urlando corna e tradimenti vari davanti a milioni (?) di spettatori.

E' così che veniamo derubati.

Le invasioni barbariche è un bel film franco-canadese di Denis Arcand, non un talk-show.

Cronache marziane è uno splendido libro di Ray Bradbury, uno dei più grandi scrittori americani degli ultimi 50 anni, non un programma scemo con un conduttore scemo riempito di cose sceme.

Il Rosso e il Nero, bè…, dovrebbero saperlo tutti cos’è, comunque non è una trasmissione di Santoro.

Il raggio verde è un film di Rohmer, anche questo non un programma di Santoro.

Samarcanda è una fiabesca città orientale ed anche una famosissima canzone di Vecchioni, e non un programma di… (però, Santoro è un saccheggiatore di prima grandezza!).

Ballando Ballando è un magnifico spettacolo teatrale francese deliziosamente trasposto in film sempre da Ettore Scola, non un programma di gare fra ballerini.

Saranno Famosi è un musical.

Via col vento è, nel bene e nel male, un film che ha segnato la storia del cinema, e la sua colonna sonora è, al di là di tutto, una musica bellissima. “Porta a porta” ce l’ha fatta diventare insopportabile.

Quiz show non è una trasmissione a quiz, è il titolo di un bellissimo ma sottovalutato film di Robert Redford che racconta come la televisione abbia imparato ad essere falsa appena ha mosso i primissimi passi.

Una giornata particolare è un capolavoro di film, sempre di Scola (Santoro sarà un saccheggiatore, ma Scola è uno dei più saccheggiati…), che racconta la solitudine, l’emarginazione sociale, le ipocrisie di un regime e di un intero periodo storico italiano, e non un varietà dove a suon di milioni si esaudiscono per un giorno i desideri più futili di poveri sfigati (spesso finti, anche loro).

Insomma, pietà… Chissà quanti altri me ne scordo, o ancor meglio neanche colgo, perché l’effetto del bombardamento quotidiano è anche questo, non farci fare più notare tutto ciò che ci viene quotidianamente rubato.

LA PIRATERIA E’ UN FURTO!

Cari piccolissimi fratellini della tv, siete dei grandissimi ladri.

 

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