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Fuggi via da me, Diana!

di Alessandro Borgogno - 24/11/2006

Imperversa ovunque, alla Radio, in tv, negli spot, nelle sigle, nei servizi di qualunque genere, l’ultima incisione di Adriano Celentano che canta Diana di Paul Anka, in italiano, in duetto (in realtà con un’incursione realmente riconoscibile in una sola strofa) con lo stesso cantante canadese che la portò al successo planetario nel lontano 1957.

Celentano è ormai di una bravura quasi imbarazzante, e, complice la sua interpretazione, l'effetto nostalgia, la mai tramontata efficacia di un pezzo assolutamente azzeccato, l’ascolto finisce per essere comunque piacevole.

Quello che lascia davvero molto perplessi, oltre alla consueta unanimità sulla grandezza del personaggio che forse, proprio in quanto grande, non avrebbe bisogno di essere osannato ad ogni sospiro che emette, è invece la bruttezza quasi offensiva del testo in italiano, che tutti i commentatori si affrettano sempre ad informare essere vergato dall’augusta firma del solito e immancabile Giulio Rapetti (in arte Mogol), come se questo dovesse giustificarne la sciatteria anziché essere un’aggravante imperdonabile.

La forzatura anche metrica di alcune frasi non trova neanche giustificazione in una possibile traduzione letterale, operazione che sarebbe stata discutibile ma quantomeno interessante, giacché il testo italiano addirittura ribalta il senso di quello originale e “Oh, please stay by me, Diana” diventa “Fuggi via da lei: Diana” (immaginiamo noi che il testo abbia necessità dei due punti, dato che fino a quel momento il discorso è rivolto ad altro soggetto).

Ma, al di là della fedeltà al testo, non richiesta, è la bruttezza assoluta di alcune frasi a lasciare sconcertati, frasi che lo stesso Celentano, complice non solo per l’interpretazione ma anche per aver lavorato al testo insieme all’”intoccabile” Mogol, si sforza di infilare in una metrica non loro tentando di dare loro dignità, probabilmente a mo' di sfida volontaria, e cercando di nobilitare con l’interpretazione il significato insulso che esprimono. E, purtroppo per lui, non riuscendoci.

Sul fatto che Mogol sia uno degli autori più sopravvalutati del secolo il sottoscritto non ha mai avuto dubbi, e, al di là del fatto che abbia senz’altro un gran mestiere e un’eccellente tecnica, exploit come questi non fanno che confermare il sospetto che comunque, pur essendo lui l’autore dei tanti famosi testi che tutti ancora amiamo, il vero genio era Lucio Battisti.

Quello che come al solito infastidisce (solo un po’, per carità, ci sono problemi più importanti nel mondo) è che nel coro pressoché unanime di reiterati consensi alla sua ultima incisione, nessuno si azzardi neanche di sfuggita a dire ciò che è sotto gli occhi, pardon, nelle orecchie di tutti: la canzone è ancora bella, Celentano è sempre bravissimo, ma il testo è assolutamente orrendo.

 

A. Celentano, Oh Diana
2006

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